Bouquet spirituale:
23 giugno
Il racconto Evangelico. C’era al tempo di Erode, re della Giudea, un sacerdote di nome Zaccaria, della classe d’Abia; e sua moglie, delle figlie di Aronne, si chiamava Elisabetta. Erano ambedue giusti dinanzi a Dio, vivendo irreprensibilmente secondo i precetti e gli ordini del Signore; ma non avevano figli, perchè Elisabetta era sterile, e tutti e due avanzati in età. Or avvenne che mentre Zaccaria esercitava le sue funzioni sacerdotali secondo il suo turno al servizio di Dio secondo l’usanza del sacerdozio, gli toccò in sorte di entrar nel santuario del Signore ad offrire l’incenso; e tutta la folla del popolo stava di fuori a pregare nell’ora dell’incenso. E gli apparve un Angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. E Zaccaria, vedutolo, si turbò e fu preso da spavento. Ma l’Angelo gli disse: Non temere, o Zaccaria, perchè è stata esaudita la tua preghiera, e tua moglie Elisabetta ti partorirà un figliolo cui porrai nome Giovanni; e ti sarà d’allegrezza e di giubilo, e molti per la sua nascita si rallegreranno; perchè egli sarà grande nel cospetto del Signore, non berrà vino nè sicera, e sarà ripieno di Spirito Santo fin dal seno della sua madre; e convertirà molti dei figli d’Israele al Signore loro Dio; e precederà dinanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per volgere i cuori dei padri verso dei figli e gl’increduli alla prudenza dei giusti, per preparare al Signore un popolo ben disposto (Le. 1, 5-17).
Il Messia futuro. Questa pagina, che la Chiesa ci fa leggere appunto oggi, è preziosa fra tutte quelle in cui sono iscritti gli annali dell’umanità; poiché qui si trova l’inizio del Vangelo, la prima parola della buona novella della salvezza. Non già che l’uomo non avesse avuto, fino allora conoscenza dei disegni formati dal cielo per sollevarlo dalla sua caduta e dargli un Salvatore. Ma era già stata lunga l’attesa, dal giorno in cui la sentenza pronunciata contro il Serpente mostrava nell’avvenire al nostro progenitore quel figlio della Donna, che doveva guarire l’uomo e vendicare Dio. Di età in età, è vero, la promessa si era sviluppata; ogni generazione, per così dire, aveva visto il Signore per bocca dei suoi profeti aggiungere un nuovo tocco alla segnalazione di quel fratello della nostra stirpe, così grande per se stesso che l’Altissimo lo avrebbe chiamato suo figliolo (Sal. 2, 7), così desideroso di giustizia che per saldare il debito del mondo avrebbe versato tutto il suo sangue (Is. 53, 7). Agnello nella sua immolazione, con la sua dolcezza avrebbe dominato la terra (ibid. 16, 1); desiderato delle genti benché uscito da Jesse (ibid. 11, 10); più magnifico di Salomone (Sai. 44), avrebbe esaudito l’amore delle povere anime riscattate: prevenendo i loro desideri, si sarebbe annunciato come lo Sposo disceso dai colli eterni (Os. 2, 19; Gen. 49, 26). Agnello carico dei peccati del mondo, Sposo tanto atteso dalla Sposa: questo era dunque quel figlio dell’uomo contemporaneamente figlio di Dio, il Cristo, il Messia promesso alla terra. Ma quando sarebbe venuto questo desiderato dei popoli? Chi avrebbe indicato al mondo il Salvatore che avrebbe condotto la Sposa allo Sposo?
La lunga attesa. Il genere umano, uscito piangente dall’Eden, era rimasto con gli occhi fissi sull’avvenire. Giacobbe, morendo, salutava da lontano quel figlio diletto la cui potenza avrebbe uguagliato quella del leone; le cui celesti attrattive costituivano sul suo letto di morte l’oggetto delle sue contemplazioni ispirate (Gen. 49, 9-12, 18). Gemendo sotto lo sforzo del male e l’ardore delle aspirazioni, l’umanità vedeva scorrere i secoli, senza che la morte che la consumava sospendesse le sue devastazioni, senza che il desiderio del Dio tanto atteso cessasse di ingigantire nel suo cuore. Cosicché, di generazione in generazione quale moltiplicarsi di preghiere; quale crescente impazienza nelle suppliche! Rompi le barriere del cielo, e discendi! (Is. 64, 1). Basta con le promesse, esclamano per la Chiesa di quel tempo il devoto san Bernardo e tutti i Padri, commentando il primo versetto del Cantico dei Cantici; basta con le figure e le ombre, basta il parlare per mezzo di altri. Non sento più Mosè; i profeti sono privi di voce; la legge che essi recavano non ha restituito la vita ai miei morti (4 Re 4, 31). Che m’interessa il vociferare delle loro bocche profane (Es. 4, 10; Is. 6, 5), giacché mi viene annunciato il Verbo? I profumi di Aaron non valgono l’olio di letizia effuso dal Padre su colui che io aspetto (Sai. 44, 8). Non più messaggeri né servi: dopo tanti messaggi venga alfine lui stesso!
Il Precursore. Prostrata nella persona dei più degni tra i suoi figli sulle vette del Carmelo, la Chiesa dell’attesa non si risolleverà finché non appaia nel cielo il segno prossimo della pioggia della salvezza (3 Re 18, 42-46). Allora, dimenticando l’esaurimento degli anni, si ergerà nel vigore della primitiva giovinezza; e ripiena del gaudio annunciato dall’angelo, seguirà con giubilo il nuovo Elia di cui questo giorno di vigilia ci promette per domani la nascita, il precursore predestinato, che corre come l’antico Elia (3 Re 18, 44-46), ma con più verità di lui, davanti al carro del re d’Israele.
Preghiera.
Attingiamo dal Sacramentario gelasiano le due seguenti orazioni che ci introdurranno nello spirito della festa:
«La preghiera del beato Giovanni Battista ci ottenga, o Signore, di comprendere e di meritare il mistero del tuo Cristo».
«Dio onnipotente ed eterno, che nei giorni del beato Giovanni Battista hai compiuto quanto annunciavano le prescrizioni legali e gli oracoli dei santi profeti: fa’, te ne supplichiamo, che, cessando ogni figura, si manifesti e parli da se stessa la Verità, Gesù Cristo Nostro Signore».
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959