Bouquet spirituale:
28 luglio
È vanto di Milano e di sant’Ambrogio offrire alla venerazione dei fedeli i santi Nazario e Celso. Entrambi pare siano stati del numero dei più antichi martiri di Milano. I loro corpi erano stati sepolti in un giardino situato fuori le mura della città e non erano, prima della fine del secolo IV, oggetto di culto. Anzi, la tomba di san Celso era caduta nel più completo oblio. Ma nel 395, sant’Ambrogio fece solennemente riconoscere i resti di san Nazario: si trovò il corpo ben conservato, il capo separato dal tronco, il sangue ancor fresco. Lo si pose con onore su una lettiga, e si seguì subito il vescovo che, prima di portare a Milano le reliquie di san Nazario, andò a pregare su un’altra tomba: era quella di san Celso, che sant’Ambrogio indicava così, forse in seguito a una rivelazione, alla pietà dei fedeli. La tomba di san Celso non pare sia stata aperta allora. Solo le reliquie di san Nazario furono portate processionalmente alla città, e deposte nella chiesa dei santi Apostoli che divenne da allora san Nazario. Soltanto nel secolo x furono trasportate a loro volta le reliquie di san Celso in una chiesa di Milano che fu a lui dedicata. Molto presto tuttavia la liturgia associò i due martiri in un medesimo culto. Ma san Nazario godé di una maggiore celebrità in tutto l’Occidente. A lui è dedicata l’antica cattedrale di Autun, come pure una basilica a Embrun e molti comuni e parrocchie della Francia.
San Vittore nacque in Africa. Succedette al Papa Eleuterio verso l’anno 189, regnò dieci anni e – ci dice il Liber Ponticalis morì martire. Autoritario ed energico, fu il chiaroveggente difensore della Tradizione. Scomunicò Teodoto il quale insegnava che Gesù Cristo era solo il figlio adottivo di Dio. Condannò i Montanisti di Frigia i quali volevano regolarsi solo secondo le rivelazioni private. Interdisse infine l’usanza delle Chiese dell’Asia, che celebravano la Pasqua lo stesso giorno degli Ebrei, nel plenilunio di aprile, in qualunque giorno della settimana cadesse. Sotto il suo regno, il papato si affermò grandemente e fece sentire la sua azione in tutta la cristianità.
San Vittore, nel secolo II, aveva affermato con diversi atti il primato romano. Con sant’Innocenzo I, vediamo che il primato è da lungo tempo una tradizione riconosciuta nella Chiesa, e il Papa lo ricorda autorevolmente ai vescovi che fossero tentati di sottrarvisi. Questo Pontefice, oriundo di Albano, regnò dal 401 al 407 e la sua infaticabile sollecitudine si estese a tutta la Chiesa. Le sue decretali fanno legge in Spagna, nella Gallia, in Italia. Esige dai Vescovi di Costantinopoli, di Alessandria e di Antiochia la riabilitazione di san Giovanni Crisostomo deposto ingiustamente. Biasima il vescovo di Gerusalemme per la sua negligenza. Ratifica la condanna pronunciata dai vescovi dell’Africa contro i Pelagiani i quali negavano la necessità della grazia. Il suo regno tuttavia fu rattristato dalla presa e dalla devastazione di Roma per opera dei barbari di Alarico, nel 410, mentre egli era assente dalla città. Ebbe a cuore di risollevare quest’ultima dalla sua rovina, e mostrò la sua carità nel soccorrere le vittime. Sant’Innocenzo I è uno dei più grandi papi del secolo V.
Preghiera ai Martiri e ai Confessori.
Gloriosi eletti che, sia mediante l’effusione del vostro sangue sia mediante i decreti emanati sulla Sede Apostolica, avete esaltato la fede del Signore, benedite le nostre preghiere. Concedeteci di comprendere l’insegnamento che risulta per noi dal vostro incontro nel Ciclo sacro. Noi, che non siamo né martiri né pontefici, possiamo tuttavia meritare di essere associati alla vostra gloria, poiché il motive che spiega il vostro comune incontro nella beatitudine in questo giorno, dev’essere anche per ciascuno di noi, in gradi diversi, il motivo della salvezza: in Cristo Gesù – dice l’Apostolo – null’altro vale fuorché la fede che opera mediante la carità (Gal. 5, 6); solo da questa fede, per la quale voi avete lavorato e sofferto, noi pure speriamo la giustizia (ibid. 5) e attendiamo la corona (II Tim. 4, 8).
O Nazario e Celso, che non esitaste a sacrificare al Signore Gesù la vostra vita: fateci sentire la stima del tesoro che ciascun fedele è chiamato a far valere mediante la confessione delle opere e della lode. Vittore, geloso custode delle tradizioni di questa divina lode per quanto riguarda il giorno di Pasqua, vindice dell’Uomo-Dio nella sua natura divina; Innocenzo, oracolo incorruttibile della graz di Cristo Salvatore, e testimone delle sue inesorabili giustizie: ia insegnateci la fiducia e il timore, la rettitudine della fede e la suscettibilità che pervade il cristiano per ciò che riguarda la fede, fondamento unico per lui della giustizia e dell’amore. Martiri e Pontefici, traeteci insieme per la via retta che conduce al cielo.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959