Bouquet spirituale:
18 giugno
La gioia dei martiri. Quando vediamo i martiri andare con gioia al supplizio, ci domandiamo dove abbiano attinto un simile coraggio che non è della terra. San Paolo, nel passo della sua Epistola ai Romani (5, 1-5) che la Chiesa ci fa leggere nella messa di questo giorno, ci dà la risposta.
«La speranza dei beni futuri eleva l’anima al disopra del tempo e delle circostanze, anche penose, della vita presente. La caratteristica di quelli che appartengono a Dio è di essere esenti da ogni tristezza, e la loro letizia si alimenta con le asprezze e le sofferenze attuali. Esse sono infatti, nelle mani di Dio , un sublime processo della nostra educazione soprannaturale. La sofferenza produce la pazienza, si radica in noi e ci rende più caro il bene per il quale avevamo consentito a soffrire, e la fermezza nel soffrire aumenta in noi la speranza, sapendo che Dio non lascia nulla senza ricompensa e raccoglie nella sua scienza infinita tutte le sofferenze, anche quelle di cui l’anima nostra non si ricorda. Ora la speranza non tradisce, non inganna il cristiano: non potrebbe esservi alcuno svantaggio per quelli che sono certi della tenerezza di Dio».
Vita. La storia dei santi Marco e Marcelliano ci è nota solo attraverso gli Atti, in gran parte leggendari, di san Sebastiano. Questi ci riferiscono che essi dichiaravano di non aver mai gustato delizie paragonabili a quelle che provano in mezzo ai supplizi loro inflitti dal prefetto Fabiano. Avendo i vecchi genitori chiesto loro di rinnegare Cristo, san Sebastiano rafforzò il loro coraggio dichiarandosi anch’egli cristiano, e i nostri martiri ebbero la gioia di vedere la propria famiglia confessare a sua volta il Dio per il quale soffrivano. I loro corpi furono deposti nel cimitero di Balbina e quindi, nel nono secolo, nella basilica dei santi Cosma e Damiano.
Preghiera.
Lo Spirito Santo vi riempiva della sua forza, o gloriosi martiri; e l’amore che egli metteva nei vostri cuori mutava in delizia i tormenti che spaventano il nostro debole coraggio. Ma come poco, infatti dovevano contare per voi le sofferenze di quel corpo perituro, dopo aver superato i tormenti dell’anima! La desolazione di coloro che amavate più della vita, e che dovevate lasciare in una disperazione apparentemente senza scampo, fu il punto culminante del vostro martirio. Non potrebbe comprenderlo solo chi meriterebbe il rimprovero fatto da san Paolo ai pagani del suo tempo di essere senza affetto (Rom. 1, 31): ora, quando il mondo presenterà di nuovo questa nota odiosa, sarà il segno degli ultimi giorni, dice ancora l’Apostolo (II Tim. 3, 1-3). Tuttavia, l’amore umano più sublime deve cedere il posto a quello di Dio: «chi ama il padre o la madre più di me – dice il Signore – non è degno di me; e chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me» (Mt. 10, 37). Voi l’avete compreso, o santi martiri. I vostri parenti, che cercavano di separarvi dal Signore, non sarebbero stati più ai vostri occhi che dei nemici (ibid. 36) e nello stesso momento, il Signore che nessuno sorpassa in generosità vi restituiva quegli esseri così amati, prendendoli, con un miracolo della sua grazia, con voi e come voi per se stesso. Così voi completate gli insegnamenti che ci furono dati in questi ultimi giorni da san Vito e dai suoi gloriosi compagni. Fate sì, o vincitori di così dure battaglie, che il coraggio e l’amore crescano in noi nella stessa misura della luce e della conoscenza dei nostri doveri verso Dio.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959; Le Vite dei Santi per ciascun giorno dell’anno, Milano, Presso Carlo Barbini, editore, 1879