Vite dei Santi
i nostri modelli e protettori

Bouquet spirituale:

8 luglio

Sant’Elisabetta, Regina del Portogallo
Sant’Elisabetta, Regina del Portogallo

Sant’Elisabetta del Portogallo
Regina, Madre e Religiosa
(1271-1336)

Regina, Madre e Religiosa. Per la terza volta in un mese, la Liturgia festeggia oggi una regina. La Spagna che la vide nascere e il Portogallo dove regnò sono giustamente orgogliosi della sua santità e della sua protezione. Ma la Chiesa, la quale sa che essa fu per tutti un modello di virtù, la propone oggi al culto di tutte le genti. Come regina, santa Elisabetta ha mostrato a fianco del re suo marito, e ancor più nella amministrazione di Torres Vedras, la città di cui fu amatissima governante, le doti e le virtù che si augurano a tutti coloro che hanno la responsabilità dei pubblici affari. Nella vita privata fu una perfetta madre di famiglia, per il tenero affetto e la sottomissione che mostrò a uno sposo indegno e persecutore, al quale ottenne con le sue preghiere la grazia di una santa morte; come pure per le cure che pose nell’educare cristianamente i figli naturalmente indocili. Infine, rimasta vedova, diede nel Terz’Ordine di san Francesco l’esempio delle più elette virtù religiose: l’umiltà, la povertà, lo spirito di orazione e di penitenza, la carità verso i poveri e i malati.

Un Angelo di pace. Ma non sono questi i soli motivi della sua gloria. Sant’Elisabetta aveva ricevuto da Dio una particolare missione che le meritò il dolce appellativo di «Madre della pace». Essa cercò infatti per quasi tutta la vita di far cessare le inimicizie che dividevano e desolavano la sua famiglia e la sua patria. Per due volte riuscì a riconciliare il marito e il figlio in guerra l’uno contro l’altro. La si vide perfino un giorno gettarsi in mezzo a dei soldati che erano venuti alle mani e pacificarli. Intervenne pure felicemente in altre contese in cui si perdeva il re, sia contro il fratello Alfonso sia contro il re di Castiglia. E sant’Elisabetta morì mentre era in cammino per arrestare la guerra che si erano dichiarata il figlio e il nipote!

La ragione profonda dei suoi successi di pacificatrice – non vi è dubbio – non sono tanto le sue doti politiche o diplomatiche, quanto piuttosto la sua perfetta unione con Dio mediante la pratica delle virtù. Non fu potente per le sue azioni, ma per la sua preghiera; ed è questa la grande lezione della sua vita regale. Nell’ordine della Provvidenza, le benedizioni più ardentemente desiderate dai popoli, la cessazione delle discordie, il tranquillo godimento dell’ordine, della pace e della prosperità, derivano spesso da rinuncie, da sacrifici e da una intercessione che essi ignorano. Quante vittorie inattese e benefiche sono state il risultato di lotte misteriose sostenute al cospetto di Dio in qualche punto sconosciuto di quel mondo soprannaturale in cui i santi sono alle prese con tutto l’inferno, e talvolta con la stessa giustizia di Dio! Quanti trattati di pace sono stati innanzitutto conclusi nel segreto di una sola anima, fra il cielo e la terra, come premio di quelle lotte del tutto spirituali che gli uomini misconoscono o disprezzano! Gli uomini politici sembrano guidare il mondo. Si vantano i negoziatori, si esaltano gli uomini di guerra. Ma quando sarà passata la figura di questo mondo (I Cor. 7, 31), ci si accorgerà che essi non erano i veri artefici delle opere di cui venivano lodati, ma semplici strumenti di cui Dio si è servito per un giorno, per la preghiera di un’anima santa alla quale non sapeva rifiutare nulla.

Vita. Elisabetta nacque a Saragozza nel 1271, dal re Pietro III d’Aragona e dalla regina Costanza. La sua felice nascita riconciliò Pietro III con il padre Giacomo I. Andò sposa giovanissima al re Dionigi di Portogallo dal quale ebbe ‘molto a soffrire, ma che riuscì a santificare con la sua pazienza e la sua carità perfetta. Mirabili erano la sua pietà, la carità verso i poveri e le austerità a cui si sottoponeva. Parecchie volte ristabilì la pace tra i principi divisi. Rimasta vedova, desiderò lasciare il mondo per pensare solo a servire Dio. Prudenti consigli glielo impedirono, ma sin d’allora si dedicò sotto l’abito delle Terziarie di san Francesco alle opere pie e alla cura dei poveri e dei malati. Fu in una delle cappelle che fondò a Lisbona che, per la prima volta, venne reso un culto pubblico all’Immacolata Concezione. Colpita dalla febbre, si addormentava nella pace il 4 luglio 1336, dopo essere stata consolata dalla visione della Vergine Maria. Il suo culto fu concesso alla diocesi di Coimbra dove era morta, solo nel 1516, e la sua canonizzazione proclamata nel 1626.

Dietro l’esempio di una Regina. Con esultanza noi seguiamo il consiglio della Chiesa che, fin dall’invitatorio del Mattutino, ci esorta a «lodare Dio con le nostre opere sante». È quanto fece la santa regina di Portogallo, e l’inno che noi cantiamo in suo onore ce lo ricorda: «Dominare le passioni del proprio cuore, servire Dio nella povertà, ecco ciò che l’eroica Elisabetta preferì a tutto il suo regno»!

Questa lode che noi facciamo salire con tutto il cuore verso di te, o Elisabetta, ci ispira la prima preghiera che dobbiamo rivolgerti: insegnaci quali sono i veri beni e la vera regalità, affinchè le vanità della terra siano impotenti a sedurci e a fermarci sul cammino che conduce a Dio.

Preghiera.

Ma noi ricordiamo pure l’esempio che ci dà la tua ardente carità, la quale un tempo si studiò senza tregua di riconciliare coloro che l’odio ergeva gli uni contro gli altri. Ti supplichiamo di proteggerci contro le suggestioni dello spirito del male che ispira l’odio, e ancor più contro le nostre passioni, il nostro orgoglio e il nostro egoismo che soffocano in noi l’amore del prossimo.

Lascia infine che ti invochiamo, o Madre della pace, perchè la tua preghiera ottenga la pace al mondo intero. Unisci la tua supplica a quella della Chiesa, madre dei popoli, che chiede a Dio in questo giorno della tua festa di far cessare le minacce di guerra e di far sì che la nostra vita mortale sia un cammino pacifico che ci conduca tutti ai gaudi dell’eternità (Colletta della Messa).

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959