Vite dei Santi
i nostri modelli e protettori

Bouquet spirituale:

31 luglio

Sant'Ignazio di Loyola
Sant'Ignazio di Loyola

Sant’Ignazio di Loyola
Fondatore della Compagnia di Gesù
(1491-1556)

Lutero. Per quanto il ciclo del Tempo dopo la Pentecoste ci abbia già molte volte mostrato la sollecitudine con cui lo Spirito Santo presiede alla difesa della Chiesa, l’insegnamento risplende oggi in un modo nuovo. Nel secolo xvi veniva condotto contro la Chiesa un assalto formidabile. Satana aveva scelto come capo dell’attacco un uomo caduto al pari di lui dalle altezze del cielo. Lutero, sollecitato nei suoi anni giovanili dalle grazie di scelta che formano i perfetti, non aveva saputo, in un giorno di disorientamento, resistere allo spirito di ribellione. Al pari di Lucifero, che ebbe la pretesa di uguagliare Dio, si pose di fronte al Vicario dell’Altissimo sul monte del Testamento (Is. 14, 13); e tosto, precipitando di abisso in abisso, trascinava pure dietro di sé la terza parte delle stelle del cielo della santa Chiesa (Apoc. 12, 4). Legge misteriosa e terribile quella che così spesso lascia all’uomo o all’angelo decaduto, nelle sfere del male, il principato che essi dovevano esercitare per il bene e per l’amore! Ma l’eterna Sapienza non viene tuttavia mai frustrata; è appunto allora che in compenso della libertà pervertita dell’angelo o dell’uomo, essa mette in opera quell’altra legge di misericordiosa sostituzione di cui Michele fu il primo a beneficiare.

Vocazione di Ignazio. La vocazione di Ignazio alla santità segue passo passo nei suoi sviluppi la ribellione luterana. Nella primavera del 1521, Lutero, lanciando la sua sfida a tutti i poteri, aveva appena lasciato Worms e raggiunto Warburg (1) che Ignazio, a Pamplona, veniva ferito dal colpo che doveva farlo ritirare dal mondo e presto condurlo a Manresa. Valoroso al pari dei suoi nobili antenati, si era sentito penetrare in dai primi anni dall’ardore bellicoso che essi avevano mostrato sui campi di battaglia della Spagna; ma la campagna contro i Mori è terminata proprio nei giorni della sua nascita (1491). Non avrà allora, per soddisfare i suoi cavallereschi istinti, se non meschine questioni? Ma ecco che l’unico vero Re rimasto degno della sua grande anima, si rivela a lui nella prova che ha frustrato i suoi progetti mondani; una nuova milizia si offe alla sua ambizione; un’altra crociata ha inizio; e il 1522 vede, dai monti della Catalogna a quelli della Turingia, svilupparsi la divina strategia di cui solo gli Angeli hanno ancora il segreto.

Monserrato. Meravigliosa battaglia, in cui si direbbe che il cielo si contenti di osservare l’inferno, lasciandolo proseguire e riservandosi il solo diritto di far sovrabbondare la grazia là dove pretende di abbondare l’iniquità (Rom. 5, 20). Come l’anno precedente, la prima chiamata di Ignazio aveva seguito di tre settimane la ribellione portata a termine da Lutero: così pure a tre settimane di distanza ecco che in quest’anno l’inferno e il cielo mettono in campo i loro eletti con la diversa armatura che conviene ai due eserciti di cui saranno capi. Dieci mesi di strane manifestazioni hanno preparato il luogotenente di Satana nel ritiro forzato che egli chiama la sua Pathmos; e il 5 marzo, contravvenendo al bando, il transfuga del sacerdozio e del chiostro lascia Warburg trasformato, sotto la corazza e l’elmo, in cavaliere di falso stampo. Il 25 dello stesso mese, nella gloriosa notte in cui il Verbo si fece carne, il valoroso soldato degli eserciti del re cattolico, il discendente degli Ognes e dei Loyola, vestito d’un sacco come delle insegne della povertà che rivelano i suoi nuovi progetti, passa in preghiera a Monserrato la sua vigilia d’armi; sospende all’altare di Maria la sua valorosa spada, e di lì muove verso gli ignoti combattimenti che lo attendono in una lotta senza quartiere contro se stesso.

Parigi. Allo stendardo del libero esame, egli oppone sul suo come unico emblema: Per la maggior gloria di Dio! Tosto Parigi, dove Calvino va reclutando segretamente i futuri ugonotti, lo vede arruolare, per conto del Dio degli eserciti, la Compagnia di avamposto che deve nel suo pensiero coprire l’armata cristiana, illuminarne il cammino, menare e ricevere i primi colpi. Anche l’Inghilterra, nei primi mesi del 1534, ha imitato nella ribellione la Germania e i paesi del Nord, ed ecco che il 15 agosto di quell’anno, i primi soldati di Ignazio sigillano insieme con lui l’impegno definitivo che devono rinnovare solennemente più tardi a san Paolo fuori le Mura. A Roma infatti è issato il punto di raduno della piccola truppa, che aumenta presto in modo meraviglioso, ma la cui speciale professione sarà quella di essere sempre pronta a portarsi, al minimo segnale, su tutti i punti in cui il Capo supremo della Chiesa militante riterrà opportuno utilizzare il suo zelo per la difesa della fede o per la sua propagazione, per il progresso delle anime nella dottrina e nella vita cristiana.

La Compagnia di Gesù. Un illustre personaggio ha detto che «ciò che colpisce a prima vista nella storia della Compagnia di Gesù è il fatto che per essa l’età matura è contemporanea alla prima formazione. Chi conosce i primi autori della Compagnia, conosce tutta la Compagnia nel suo spirito, nel suo fine, nelle sue iniziative, nei suoi procedimenti, nei suoi metodi. Quale generazione presiede alle sue origini! Quale unione di scienza e di attività, di vita interiore e di vita militante! Si può dire che sono uomini universali, uomini di razza gigantesca, al confronto dei quali noi siamo solo degli insetti: de genere giganteo, quibus comparati quasi locustae videbamur» (Num. 13, 34).

Ignazio e la preghiera della Chiesa. Quanto più commovente appare la semplicità così piena di fascino di quei primi Padri della Compagnia, i quali compiono il cammino che li separa da Roma a piedi e digiunando, sfiniti, ma con il cuore traboccante di gaudio e cantando sommessamente i salmi di David! Quando fu necessario, per rispondere alle necessità dell’ora attuale, abbandonare nel nuovo istituto le grandi tradizioni della preghiera pubblica, fu un dolore per parecchie di quelle anime; non fu certo senza lotta che Maria, su questo punto, dové cedere a Marta. Per tanti secoli, la solenne celebrazione dei divini Uffici era parsa come il compito indispensabile di ogni famiglia religiosa, di cui formava il primo debito sociale, così come costituiva il primo alimento della santità individuale dei suoi membri!

Ma il sopraggiungere di tempi nuovi, che recava dovunque la decadenza e la rovina, richiedeva una eccezione tanto insolita quanto dolorosa per la valorosa Compagnia che dedicava la propria esistenza all’incertezza di continui allarmi e di continue sortite sul terreno nemico. Ignazio lo comprese; e sacrificò al fine particolare che si imponeva a lui l’attrattiva personale che provò sino alla fine per il canto sacro, di cui le minime note che giungevano al suo orecchio gli facevano scendere dagli occhi lacrime di estasi.

Con le insidie degli ultimi secoli l’ora delle milizie speciali organizzate in squadre volanti era sonata per la Chiesa. Mentre diventava ogni giorno sempre più difficile esigere da quelle truppe benemerite, assorbite in continue battaglie all’esterno, le abitudini di quelli che proteggevano la Città santa, Ignazio con altrettanta decisione ripudiava lo strano controsenso che avrebbe voluto riformare i costumi del popolo cristiano secondo il modo di vivere richiesto dal servizio di ricognizione e di vigilanza al quale egli si sacrificava per tutti. La terza delle diciotto regole che egli pone come coronamento degli Esercizi Spirituali, per avere in noi i veri sentimenti della Chiesa ortodossa, è di raccomandare ai fedeli i canti della Chiesa, i salmi e le diverse Ore canoniche nel tempo assegnato a ciascuna. E, in capo a quel libro che costituisce certamente il tesoro della Compagnia di Gesù, stabilendo le condizioni che permetteranno di trarre il maggior frutto possibile dagli Esercizi stessi egli stabilisce, nella ventesima annotazione, che chiunque può dovrà scegliere, per il periodo della loro durata, un’abitazione da cui gli riesca facile recarsi agli Uffici come al divino Sacrificio. Che fa del resto in ciò il nostro Santo se non consigliare per la pratica degli Esercizi lo stesso spirito con cui furono composti, nel benedetto ritiro di Manresa dove l’assistenza quotidiana alla Messa solenne e agli Uffici della sera fu per lui la fonte di celesti delizie?

Vita. Ignazio nacque senza dubbio nell’ottobre del 1491 in Biscaglia, dalla nobile famiglia dei Loyola. Entrato al servizio del re di Navarra, fu ferito a Pamplona il 20 maggio 1521. Durante la convalescenza, lesse la Vita Chìsti di Ludolfo il Cistercense e, con l’aiuto della grazia, risolvé di seguire d’allora in poi Cristo. Nel febbraio del 1522 partiva per Monserrato per offrire la sua spada alla Vergine, quindi raggiunse la cittadina di Manresa dove rimase per un anno nella preghiera e nella penitenza. Allora appunto compose il suo celebre libro degli Esercizi Spirituali che doveva ottenere l’approvazione della Sede Apostolica e fare un gran bene a innumerevoli anime. Nel 1523 fece il pellegrinaggio della Terra Santa, quindi rientrò in Spagna onde studiare per essere meglio in grado di servire Dio e la Chiesa. Insieme con alcuni compagni, partì per Parigi dove giunsero insieme il 2 febbraio del 1528. Ignazio vi conseguì i gradi accademici e gettò le basi d’un Ordine nuovo. Avendolo costituito a Roma con l’approvazione di Paolo III, aggiunse ai tre voti ordinari quello di consacrarsi alle missioni se la Santa Sede lo richiedeva. Inviò Francesco Saverio nelle Indie; lottò egli stesso con ardore contro l’eresia luterana; fondò case di educazione per la gioventù; si dedicò a rinnovare la pietà nei cattolici; ebbe a cuore lo splendore dei templi, l’insegnamento del catechismo e la frequenza dei sacramenti. Infine, dopo aver a lungo lavorato «per la maggior gloria di Dio», morì il 31 luglio del 1556. Fu beatificato nel 1609 e canonizzato nel 1632 insieme con sant’Isidoro Contadino, santa Teresa d’Avila e san Francesco Saverio. Nel Pio XI lo ha proclamato Patrono di tutti gli esercizi spirituali.

Il soldato di Dio. La vittoria che trionfa del mondo è la nostra fede (I Gv. 5, 4). L’hai dimostrato a tua volta anche tu che fosti il grande trionfatore del secolo in cui il Figlio dell’Uomo ti scelse per risollevare il suo stendardo umiliato davanti a quello di Babele. Contro i battaglioni sempre più nutriti dei ribelli, tu fosti per lungo tempo quasi solo, lasciando al Dio degli eserciti la cura di scegliere la sua ora per metterti alle prese con le coorti di Satana, come l’aveva scelta per ritrarti dalla milizia degli uomini. Il mondo, messo allora a conoscenza dei tuoi disegni, ne avrebbe avuto solo un motivo di riso; eppure fu un momento solenne per la storia del mondo quello in cui, pari nella tua fiducia ai più insigni condottieri che radunano i loro eserciti, davi ordine ai tuoi nove compagni di raggiungere a tre a tre la Città santa. Quali risultati nei quindici anni in cui quella truppa scelta, reclutata dallo Spirito Santo, ti ebbe a capo come primo Generale! L’eresia scacciata dall’Italia, coperta di confusione a Trento, domata dovunque, immobilizzata in nel suo stesso focolaio; immense conquiste su terre nuove che riparavano le perdite subite nel nostro Occidente; la Chiesa stessa che riacquistava la sua giovanile bellezza, risollevata nel popolo e nei pastori, garantita per i suoi figli una educazione rispondente al loro celeste destino: infine, su tutta la linea dove aveva imprudentemente gridato vittoria. Satana che ruggiva, domato nuovamente da quel nome di Gesù che fa piegare ogni ginocchio in cielo, in terra e nell’inferno (Filipp. 2, 10)! Quale gloria per te, o Ignazio, avrebbe mai uguagliato questa negli eserciti dei re della terra?

Invocazione al capo glorioso.

Dal trono che hai conquistato per tante sublimi gesta, veglia su quei frutti delle tue opere, e mostrati sempre il soldato di Dio. Attraverso le contraddizioni che non mancarono loro mai, sostieni i tuoi figli al posto d’onore e di valore che fa di essi le sentinelle avanzate della Chiesa. Fa’che siano fedeli allo spirito del loro glorioso Padre, «avendo continuamente davanti agli occhi: innanzitutto Dio; quindi, come una via che conduce a lui, la forma del loro istituto, consacrando tutte le proprie forze al raggiungimento del fine segnato loro da Dio; ciascuno tuttavia secondo la misura della grazia che ha ricevuta dallo Spirito Santo e il grado della sua vocazione» (Lettera di Paolo III). Infine, o capo di così nobile discendenza, estendi il tuo amore a tutte le famiglie religiose, la cui sorte di fronte alla persecuzione è divenuta così strettamente solidale oggi con quella della tua; benedici in special modo l’Ordine monastico che protesse con i suoi antichi rami i tuoi primi passi nella vita perfetta, e la nascita dell’illustre Compagnia che costituirà la tua corona immortale nei cieli. Abbi pietà della Francia, di quella Parigi la cui Università ti fornì le basi dell’incrollabile edificio da te elevato alla gloria dell’Altissimo. Che ogni cristiano impari da te a militare per il Signore, a non rinnegare mai il suo stendardo; che ogni uomo, sotto la tua guida, ritorni al Dio suo principio e suo fine.

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959

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