Bouquet spirituale:
18 giugno
Gloria dell’Oriente. «I Padri Orientali hanno sempre considerato sant’Efrem come un messaggero di Dio, un maestro della verità e un dottore della Chiesa Cattolica». Questi erano gli attributi con i quali il Papa Benedetto XV presentava sant’Efrem e lo proclamava dottore della Chiesa universale con l’enciclica Principi Apostolorum del 5 ottobre 1920. Dall’Oriente all’Occidente, l’enciclica fu accolta con giubilo. Senza dubbio, la vita di colui che san Gregorio Nisseno lodava «di essere sulle labbra di tutti i cristiani e di illuminare il mondo intero con lo splendore delle sue virtù e della sua dottrina» é poco conosciuta in Occidente. Egli rimane avvolto nel silenzio che aveva tanto amato e che gli aveva fatto scegliere fin dalla gioventù l’esistenza ritirata e laboriosa dei monaci per servire Dio solo. Ma le sue opere parlano per lui e rivelano la sua santità.
L’esegeta. Sant’Efrem infatti ha scritto molto. Disgraziatamente, una parte considerevole delle sue opere non é giunta sino ai nostri giorni; e in particolare, dei famosi commenti sulla Bibbia, che egli aveva interpretata tutta, rimangono solo i commenti alla Genesi, all’Esodo, ai Vangeli e alle Epistole di san Paolo. Comunque, ciò è sufficiente per farci giudicare a che punto la purezza del suo cuore gli aprisse il senso delle Scritture. Cosicché, Benedetto XV lo offre come modello a coloro che hanno il compito di insegnare le scienze sacre, affinchè sul suo esempio imparino a non alterare le sacre Scritture secondo il capriccio delle loro idee personali e, nei loro commenti, non si distacchino nemmeno di un dito dall’idea tradizionale della Chiesa, « colonna e fondamento della verità » , unica interprete e custode della Rivelazione.
Il Teologo. Così basato sulla Scrittura e sulla Tradizione, sant’Efrem ha insegnato una teologia molto alta e sicura. Ha esposto luminosamente la dottrina del peccato originale, della grazia, delle virtù e dei vizi. Richiama spesso il dogma della presenza di Dio, e il resoconto che dobbiamo fare delle nostre azioni al sommo Giudice. Sembrava anche quasi ossessionato dal pensiero del giudizio. Eppure il suo testamento riflette una commovente fiducia: «O Gesù, giudica tu stesso Efrem e non abbandonare a un altro il suo giudizio. Poiché colui che sarà giudicato da Dio vedrà la misericordia al suo tribunale. Io non ti chiedo, o Figlio di Dio, di mettere sullo stesso grado i buoni e i cattivi, ma invoco la tua misericordia per me, per il mio prossimo e per i miei simili. Se tu non usi misericordia, nessuno potrà vedere il regno dei Cieli»!
Fra i teologi del suo tempo, nessuno ha esposto meglio il mistero della Chiesa, mistica Sposa di Cristo, Madre e educatrice dei fedeli. Egli ha notevolmente compreso il compito della Liturgia. Ha ricordato anche le prerogative e i doveri della gerarchia, l’eccellenza del sacerdozio, e soprattutto il primato di Pietro e dei suoi successori sulla sede di Roma.
Il poeta. Per far meglio penetrare il suo insegnamento nella mente e nel cuore dei fedeli, sant’Efrem ha scritto molto in versi. Prima ancora di sant’Ambrogio, ha pensato che il ritmo poteva aiutare la memoria nel ritenere una dottrina. Ha pensato anche che la Liturgia sarebbe stata più attraente e avrebbe raccolto meglio le anime se si fossero moltiplicati i canti in comune. Appunto per questo egli ha composto molte omelie in versi, e inni che hanno costituito e costituiranno sempre l’ammirazione di coloro che li studiano, per la bellezza della forma letteraria, per la solidità e la profondità della dottrina, per la chiarezza dell’insegnamento. Egli istruisce ed eleva le menti mediante la bellezza, e tocca i cuori. «Nessuno – è stato detto – ebbe al pari di lui il dono di far scorrere le lacrime». Il suo successo fu considerevole; mentre era ancora in vita, i suoi inni venivano cantati ovunque. Sant’Efrem é il più grande poeta della Siria. È stato chiamato la Lira dello Spirito Santo.
Il cantore della Vergine. Ma, aggiunge Benedetto XV, «mai questa Lira rese suoni più armoniosi che nei canti consacrati alla gloria di Maria, sia che celebri la sua incomparabile verginità e la sua maternità divina, sia che canti la sua misericordiosa protezione verso gli uomini». Sant’Efrem è uno dei primi Padri della Chiesa che abbia sviluppato i dogmi che riguardano la Madonna. Si compiacque soprattutto di esaltare due fra i suoi privilegi, la perpetua verginità e l’eccelsa santità, che egli non esita a paragonare a quella stessa di Cristo. Così ha lasciato nella Tradizione primitiva una preziosissima testimonianza del dogma dell’Immacolata Concezione: «Tu, o Signore – scriveva – e la Madre tua siete gli unici perfettamente belli e puri sotto tutti gli aspetti; poiché in te, o Signore, non vi é alcuna macchia, e nella Madre tua alcuna contaminazione».
Il Stinto. Nonostante l’influenza considerevole di cui godeva e che lo disponeva ai più alti onori, sant’Efrem per umiltà non volle mai ricevere il sacerdozio. A fatica, avendolo tratto dal suo eremitaggio, lo si fece acconsentire a ricevere almeno il diaconato. Ma allora egli si sottomise docilmente ai doveri della sua nuova vocazione, «mostrandosi il perfetto emulo di santo Stefano: insegnando a tutti la sacra Scrittura, predicando la divina parola, formando alla salmodia le vergini consacrate, facendosi la provvidenza dei poveri e praticando soprattutto alla perfezione quello che insegnava agli altri».
Di carattere ardente e impetuoso, era riuscito, con l’aiuto della grazia, a dominarsi completamente. Diventato dolce ed affabile, mostrava la sua mansuetudine anche agli eretici, alle cui perverse dottrine non cessava tuttavia di muovere una guerra spietata.
La sua carità si rivelò infine durante le invasioni dell’impero romano da parte dei Persiani. In Nisibi assediata e ridotta alla fame, organizzò delle collette per gli indigenti, sostenne il morale di tutti, e si sarebbe detto che la Provvidenza lo avesse posto veramente a capo della sua piccola patria. Per questo appunto Benedetto XV, « alla fine di una guerra in cui parecchi popoli orientali avevano conquistato la libertà e cercavano di organizzare la propria vita politica ha pensato di far opera opportuna proponendo alla loro attenta imitazione come pure al loro culto, un modello altrettanto perfetto di santità, di scienza e di patriottismo » (Enciclica citata).
Vita. Sant’Efrem è nato verso il 306 a Nisibi, vicino alla frontiera che divide l’impero romano dall’impero persiano. Dapprima anacoreta, il vescovo Giacomo di Nisibi che lo teneva in grande stima, lo pose a capo di una scuola, e fu senza dubbio allora che Efrem ricevette il diaconato. Si attribuì alle sue preghiere la sconfitta dei Persiani nel 338; la sua azione fu importante anche nella resistenza vittoriosa di Nisibi all’assedio del 346 e a quello del 350. Ma nel 363, Nisibi fu presa, ed Efrem si rifugiò con tutti i cristiani a Edessa. Qui riprese la sua vita di anacoreta ; aveva molti discepoli e si ritiene che sia stato lui a fondare con la collaborazione di alcuni altri dottori, la celebre Scuola di Edessa, la cui importanza fu considerevole. Qui compose la maggior parte delle opere che rimangono di lui. Morì nel 373.
Preghiera.
Noi benediciamo Dio che «esalta gli umili» per averti incoronato, o beato Efrem, della più pura gloria e per averti proposto al nostro secolo come dottore della sapienza divina, e modello delle più elette virtù.
Insieme con san Giovanni Crisostomo, noi ti diciamo: «Scuotitore delle anime addormentate; consolatore degli afflitti; formatore, direttore e sostegno della gioventù; specchio dei monaci; modello dei penitenti; ascia e giavellotto terribile per gli eretici; scrigno delle virtù; tempio e sacrario dello Spirito Santo», prega per noi.
Prega per il Papa «successore di Pietro e, al pari di lui, porta dei peccatori, lingua dei discepoli, voce dei missionari, occhio degli apostoli».
Prega perché le Chiese Orientali, così giustamente fiere di te, ma da lungo tempo separate per loro disgrazia dalla Cattedra di Pietro, ritornino a quell’unità alla quale tu eri tanto attaccato, e che fu il più ardente desiderio di Cristo, come è quello del suo Vicario quaggiù. «Possano, con la grazia di Dio e per la tua protezione, cadere infine le barriere che purtroppo tengono una cosi eletta porzione del gregge cristiano lontana dalla mistica Pietra, su cui Cristo ha fondato la sua Chiesa»! Sorga senza indugio quel giorno beato fra tutti, in cui penetreranno nell’unanimità dei cuori le parole della verità evangelica «che un solo pastore ha trasmessa con il consiglio dei sapienti».
Prega per i monaci dei quali tu costituisci la gloria. «Votati alla perfezione evangelica, non cessino mai di volgere il loro sguardo su te e di imitarti. Il monaco, infatti, si renderà tanto più utile alla Chiesa quanto più realizzerà davanti a Dio e davanti agli uomini ciò che significa il suo abito, essendo, secondo la definizione di san Nilo il Giovane, l’Angelo la cui missione è di annunciare la misericordia e la pace, e di offrire il sacrificio di lode».
Dacci quel gusto della verità, quella premura nel raccogliere dalla bocca dei santi il pensiero di Dio, che ti fece accostare al grande Basilio, oracolo della Chiesa, affinché anche noi siamo al pari di te «abbeverati al calice della dottrina». Non sei tu forse, secondo la testimonianza di san Gregorio Nisseno, «la feconda vite del Signore, carica, a guisa di dolci grappoli, di frutti di dottrina, che formano la delizia dei figli della Chiesa e li saziano dell’amore divino? Non sei forse tu il buono e fedele economo della grazia, che elargisce ai compagni, secondo le loro esigenze, l’insegnamento della virtù, e che amministra alla perfezione la casa del suo padrone»? Che noi non abbiamo mai a dimenticare le ultime parole del tuo testamento, in cui ci scongiuravi di «tenerci saldi nella fede e di guardarci dagli operatori di iniquità, dai mercanti di vane parole e dai seduttori».
Infine, prendendo le parole che tu rivolgevi a san Basilio poco tempo prima della tua morte, ti diciamo ancora: «Insegnaci mediante quali buone opere possiamo attirare su di noi la benevolenza del Signore; come arrestare gli assalti del peccato; come chiudere la porta alle passioni; come acquistare la virtù apostolica; come piegare il Giudice incorruttibile! A te, o Padre santo, illuminarci, vegliare su di noi, indirizzarci verso la retta via, commuovere il nostro cuore di sasso. A te guarire la nostra anima malata e condurla fino al termine sul mare della vita e del riposo».
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959