Bouquet spirituale:
13 giugno
Il Canonico Regolare. Di tutti i figli di san Francesco d’Assisi, il più noto, il più potente davanti agli uomini e davanti a Dio è sant’Antonio che festeggiamo oggi.
La sua vita fu breve: a 35 anni volava al cielo. Ma questo piccolo numero di anni non aveva impedito al Signore di preparare a lungo il suo eletto al meraviglioso ministero che doveva compiere: questo perché negli uomini apostolici ciò che importa per Dio e deve fare di essi lo strumento della salvezza per un gran numero di anime, è meno la durata del tempo che potranno dedicare alle opere esteriori che non il grado della loro santificazione personale e del docile abbandono alle vie della Provvidenza. Si direbbe, per sant’Antonio, che l’eterna Sapienza si compiace, fino agli ultimi giorni della sua esistenza, di sconcertare i suoi pensieri. Dei suoi venti anni di vita religiosa, egli ne passa dieci presso i Canonici Regolari dove, a quindici anni, la chiamata divina ha invitato la sua graziosa innocenza; dove, completamente presa dagli splendori della liturgia, dallo studio delle sacre Lettere e dal silenzio del chiostro, la sua anima serafica si eleva ad altezze che la trattengono per sempre, si può dire, nel segreto della presenza di Dio.
Il frate minore. D’un tratto lo Spirito divino lo invita al martirio: e noi lo vediamo, dopo aver lasciato l’amato chiostro, seguire i Frati Minori sulle sponde dove parecchi di essi hanno già conquistato la gloriosa palma. Ma il martirio che lo attende è quello dell’amore; malato, ridotto all’impotenza prima ancora che il suo zelo abbia potuto tentare qualcosa sul suolo africano, l’obbedienza lo richiama in Ispagna, ed ecco che una tempesta lo getta sulle coste dell’Italia. Si era nei giorni in cui, per la terza volta dalla fondazione dell’Ordine dei Minori, Francesco d’Assisi riuniva intorno a sé la sua meravigliosa famiglia. Antonio vi apparve così umile, così nascosto, che nessuno si accorse di lui. Fu il ministro della provincia di Bologna che lo raccolse e, non trovando in lui alcuna capacità per l’apostolato, gli assegnò come residenza l’eremitaggio del Monte san Paolo. La sua obbedienza consisté nell’aiutare il fratello cuoco e nello scopare la casa. Durante questo tempo, i canonici di sant’Agostino piangevano sempre colui la cui nobiltà, scienza e santità costituivano poco tempo prima la gloria del loro Ordine.
Il predicatore. Giunse intanto l’ora in cui la Provvidenza si era riservata di manifestare sant’Antonio al mondo. Un semplice discorso che egli deve inaspettatamente rivolgere a dei giovani confratelli, rivela una così meravigliosa eloquenza che i suoi superiori, riconoscendo la loro trascuratezza, si affrettano a farne un predicatore. Intorno alle cattedre su cui predicava l’umile Frate, non vi furono più che prodigi nell’ordine della natura e nell’ordine della grazia. A Roma, egli meritava il nobile appellativo di arca del Testamento. A Bologna e nell’Italia del Nord, convertì folle di eretici, e nell’ultima Quaresima che predicò in Lombardia apportò profonde riforme sociali in favore dei poveri e degli umili. A Padova, a Verona, lo si pregò spesso d’intervenire in affari di ordine temporale. Non ci è possibile seguire in tutto la sua luminosa scia; ma non potremmo dimenticare che una parte importantissima dei pochi anni del suo potente ministero spetta alla nostra patria.
Sant’Antonio e la Francia. San Francesco aveva desiderato ardentemente di evangelizzare egli stesso il bel paese di Francia infestato dall’eresia; vi mandò almeno il più caro dei suoi figli, la sua immagine vivente. Quello che san Domenico era stato nella prima crociata contro gli Albigesi, Antonio lo fu nella seconda, e appunto allora meritò l’appellativo di martello degli eretici. Dalla Provenza al Berry, le varie province sono scosse profondamente dalla sua parola ardente. Predica a Bourges, a Limoges, ad Arles. È custode nel Limousin. Fonda il convento di Brive, dove si mostrano ancora le grotte che egli abitò. Dovunque le folle accorrono per sentire la sua parola. In mezzo ai trionfi e alle fatiche, il cielo consola con deliziosi favori la sua anima rimasta quella di un bambino. In una casa solitaria del Limousin, il Bambino Gesù, raggiante di una meravigliosa bellezza, discese un giorno fra le sue braccia e gli prodigò carezze chiedendo in cambio le sue. In un giorno dell’Assunzione, egli era tanto triste riguardo a un certo passo dell’Ufficio di quel tempo, poco favorevole all’assunzione della SS. Vergine al cielo in corpo ed anima. La Madonna venne a consolarlo nella sua povera cella, lo assicurò sulla vera dottrina, e la lasciò rapito dal fascino del suo dolce volto e della sua melodiosa voce.
Gli oggetti perduti. Si racconta che nella città di Montpellier dove insegnava la teologia ai Frati, essendo sparito il suo Commento ai Salmi, il ladro fu costretto da Satana stesso a riportare l’oggetto la cui perdita causava al santo i più vivi rimpianti. Parecchi vedono in questo fatto l’origine della devozione che riconosce Antonio come il patrono delle cose perdute: devozione basata fin dall’origine sui miracoli più splendenti e che continue grazie hanno confermata fino ai nostri giorni.
Vita. Antonio nacque a Lisbona verso il 1195. Ricevuto all’età di 15 anni presso i Canonici regolari di san Vincenzo da Fora in quella stessa città , fu mandato due armi dopo nel monastero di S. Croce di Coimbra per compiervi gli studi. Nel 1220, desideroso del martirio, entrò presso i Frati Minori che sostituirono il suo nome di Ferdinando con quello di fra’ Antonio di Olivares. Partì Io stesso anno per il Marocco, ma dopo poche settimane la malattia lo costrinse ad imbarcarsi nuovamente. Gettato dalla tempesta sulle coste della Sicilia, dovette rimanere in Italia. Nel 1221 assiste al capitolo generale donde è mandato all’eremitaggio di San Paolo presso Forlì. Poco dopo comincia la sua carriera di predicatore nell’Italia del Nord, e dal 1223 al 1226 in Francia. Stabilitosi infine a Padova, muore consumato di fatica il 13 giugno del 1231. L’anno seguente Gregorio IX lo canonizzava. E siccome le opere che si sono conservate di lui manifestano le sue doti di teologo, di apologista, di esegeta e di moralista, Pio XII nel 1946 lo proclamò Dottore della Chiesa.
Lo spirito di semplicità.
O glorioso Antonio, la semplicità della tua anima innocente ha fatto di te il docile strumento dello Spirito d’amore. L’infanzia evangelica è il tema del primo tra i discorsi che il Dottore serafico consacra alla tua lode; la sapienza, che fu in te il frutto di quell’infanzia benedetta, forma l’argomento del secondo. Tu eri sapiente, o Antonio, poiché fin dai tuoi giovani anni avevi cercato l’eterna Sapienza e, volendo soltanto essa come eredità, avevi subito racchiuso il tuo amore nel segreto del chiostro e della presenza di Dio, per assaporare le sue delizie. Tu miravi solo al silenzio e all’oscurità nel suo divino commercio; e fin da quaggiù le sue mani hanno voluto ornarti di un incomparabile splendore. Essa camminava dinanzi a te; tu la seguivi con giubilo per se stesso, e senza sapere che tutti i beni dovevano trovarsi per te nella sua compagnia (Sap. 7). Beata infanzia, a cui ora come ai tuoi giorni, sono riservati la Sapienza e l’amore!
Il difensore della fede.
In cambio della tua sottomissione amorosa al Padre che è nei cieli, i popoli ti obbedirono, e i più feroci tiranni tremarono alla tua voce (Sap. 8, 14-15). Solo l’eresia un giorno rifiutò di ascoltare le tue parole; ma i pesci ti vendicarono: vennero in una grande moltitudine, sotto gli occhi di tutta una città, ad ascoltare le tue parole di sdegno per i settari. Purtroppo l’errore che fuggiva davanti a te, non si contenta più ormai di rifiutare di ascoltare; vuole parlare esso solo. Cambiando forma, sempre rinascendo, formando intrighi in tutti i paesi, mediante il comunismo ateo e la massoneria, il mondo intero si abbevera ai suoi veleni. Tu che ogni giorno soccorri i tuoi devoti nelle loro necessità private, tu la cui potenza è la stessa in cielo come un giorno sulla terra, aiuta la Chiesa, il popolo di Dio, la società più universalmente e più profondamente minacciata che mai. Arca del Testamento, riconduci allo studio corroborante delle sacre Lettere le nostre generazioni senza amore e senza fede; martello degli eretici, mena colpi che facciano ancora tremare l’inferno ed esultare gli angeli.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959