Vite dei Santi
i nostri modelli e protettori

Bouquet spirituale:

19 maggio

San Pietro Celestino
San Pietro Celestino

San Pietro Celestino
Eremita e Papa
(1221-1296)

Pietro nacque ad Isernia negli Abruzzi, nel 1210. Giovanissimo ancora, entrò nella vita monastica, poi si ritirò in solitudine per vivervi da eremita. Alcuni discepoli non tardarono a raggiungerlo e allora fondò, sotto la regola di san Benedetto, una nuova congregazione monastica. Essendo vacante da due anni la cattedra pontificia, i cardinali lo elessero come successore di Nicola IV. Fu consacrato e incoronato il 29 agosto 1294, prendendo il nome di Celestino. Ben presto, spaventato dalla responsabilità della carica, si dimise dalia suprema dignità e ritornò in solitudine. Mori poco dopo, il 19 maggio 1296. I miracoli che si operarono sulla sua tomba, manifestarono la sua santità e il 5 marzo 1313, Clemente V lo canonizzò ad Avignone. La sua famiglia religiosa ha conservato il nome papale: è la Congregazione dei Celestini.

L’umiltà di un Papa. A fianco dell’insigne Dottore Leone, Gesù risorto chiama oggi l’umile Pietro Celestino, Sommo Pontefice come l’altro, ma che, appena salito sulla cattedra apostolica, ne ridiscese per tornare nel deserto. Tra tanti eroi di cui è formata la catena dei Romani Pontefici, se ne doveva incontrare uno, al quale fu data la missione di rappresentare in modo speciale la nobile virtù dell’umiltà: ed è a Pietro Celestino che la grazia divina ha devoluto questo onore. Strappato al riposo della sua solitudine per essere elevato al trono di san Pietro, e tenere, tra le sue mani tremanti, quelle chiavi che aprono e chiudono il cielo, il santo eremita si guardò attorno: considerò i bisogni dell’immenso gregge del Cristo, e misurò la propria debolezza. Oppresso sotto il fardello di una responsabilità che abbraccia tutto l’umano genere, si giudicò incapace di sopportare più a lungo un tale peso. Depose la tiara ed implorò la grazia di potersi di nuovo nascondere a tutti gli sguardi umani, nella sua amata solitudine. Allo stesso modo. Cristo suo Maestro, nascose la sua gloria dapprima in una oscurità durata trent’anni, e più tardi, sotto la nube sanguinante della sua Passione e sotto le ombre del sepolcro. Gli splendori della Pasqua vennero, ad un tratto, a dissipare queste tenebre, ed il vincitore della morte si levò in tutto il suo fulgore. Ma egli vuole che i suoi membri prendano parte a quel trionfo, e che la gloria, di cui essi pure brilleranno eternamente, sia, come la sua, proporzionata allo zelo che ebbero nell’umiliarsi durante i giorni di questa vita mortale. Quale labbro potrebbe descrivere l’aureola che circonda la fronte di Pietro Celestino, in compenso di quella oscurità, in seno alla quale egli cercò l’oblio degli uomini con più ardore di quanto altri cercano la loro stima e la loro ammirazione? Grande sul trono pontificio, fu più grande ancora nel deserto; e la sua grandezza nel cielo sorpassa ogni nostro pensiero.

Lode.

Hai ottenuto l’oggetto della tua ambizione, o Celestino! ti è stato accordato di discendere i gradini del trono apostolico, e di rientrare nella calma di quella vita nascosta che aveva formato per tanto tempo tutta la tua delizia. Godi, l’incanto del nascondi mento che hai tanto amato, che ti è reso insieme con tutti i tesori della contemplazione nel segreto di fronte a Dio. Ma questa oscurità non durerà che un certo tempo, e quando il momento sarà venuto, la Croce che hai preferito a tutto, si alzerà luminosa alla porta della tua cella, invitandoti a prendere parte al trionfo pasquale di colui che è disceso dal cielo per insegnarci che chiunque si abbassa sarà elevato. Il tuo nome, o Celestino, brillerà, fino all’ultimo giorno del mondo, sulla lista dei Pontefici romani; tu sei uno degli anelli di quella catena che unisce la santa Chiesa a Gesù, suo fondatore e suo Sposo. Ma ti è riservata una gloria anche maggiore: quella di appartenere al corteo di Cristo divino risuscitato. La santa Chiesa che per un certo tempo si è inchinata di fronte a te, mentre tenevi le chiavi di Pietro, ti rende già da secoli, e te lo renderà fino all’ultimo giorno, l’omaggio del suo culto, perché ella riconosce in te uno degli eletti di Dio, uno dei principi della corte celeste.

Preghiera.

E noi pure, o Celestino, siamo chiamati a salire là, dove tu sei, a contemplare eternamente con te il più bello dei figli degli uomini, il vincitore della morte e dell’inferno. Ma una sola via può ivi condurci: quella che tu stesso hai seguito, la via dell’umiltà. Fortifica in noi questa virtù, o Celestino! ed infiamma di desiderio i nostri cuori. Sostituisci il disprezzo verso noi stessi alla stima che, troppo spesso, abbiamo la disgrazia di avere. Rendici indifferenti a tutte le glorie mondane, saldi e lieti nelle umiliazioni, affinché, avendo «bevuto l’acqua del torrente», come Gesù nostro Maestro, possiamo un giorno, insieme con lui e con te «tenere alto il capo» (Sai. 109, 7), e circondare eternamente il trono del nostro comune liberatore.

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959

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