Vite dei Santi
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Bouquet spirituale:

4 dicembre

San Pier Crisologo
San Pier Crisologo

San Pier Crisologo
Vescovo e Dottore della Chiesa
(† 450)

San Pier Crisologo nacque a Imola, nell’Emilia. Il vescovo del luogo lo formò alla scienza e alla santità. Il papa Cornelio, mosso da una divina ispirazione, lo promosse nel 433 alla sede episcopale di Ravenna. Difese la fede cattolica contro Eutiche, con una lettera indirizzata al Concilio di Calcedonia, e la sua celebre eloquenza gli meritò il titolo di Crisologo o bocca d’oro. Dopo aver governato la chiesa di Ravenna per diciotto anni, morì nella sua città natale il 4 dicembre del 450. Le sue reliquie sono venerate a Ravenna, nella basilica Ursiana.

L'eloquenza pastorale del pio Vescovo di Ravenna gli acquistò una grande reputazione, e ci sono rimasti molti dei suoi Sermoni. Vi è raccolta una moltitudine di brani della più squisita bellezza, per quanto vi si senta talvolta la decadenza della letteratura del V secolo. Il mistero dell’Incarnazione vi è spesso trattato, e sempre con una precisione e un entusiasmo che rivelano la scienza e la pietà del santo vescovo. La sua ammirazione e il suo amore verso Maria Madre di Dio che aveva, in quel secolo, riportato la vittoria sui nemici con il decreto del concilio di Efeso, gli ispirano i più elevati sentimenti e i più felici pensieri. Citeremo alcune righe sull’Annunciazione:

“Alla Vergine, Dio manda un messaggero alato. Lui sarà il portatore della grazia e presenterà i pegni ricevendone il contraccambio. Lui riferirà la fede data, e, dopo aver conferito la ricompensa a cosi alta virtù, risalirà sollecito portatore della promessa verginale. L’ardente messaggero si dirige con rapido volo verso la Vergine; viene a sospendere i diritti dell’unione umana e senza togliere la Vergine a Giuseppe, la restituisce a Cristo cui era disposata fin dall’istante in cui era stata creata. È dunque la sua sposa che Cristo riprende, e non quella d’un altro; non è una separazione quella che egli opera, ma è lui che si dona alla sua creatura incarnandosi in essa.

“Ma ascoltiamo ciò che il racconto ci dice dell’Angelo. Entrato da lei, le disse: Salve, o piena di grazia! Il Signore è con te. Queste parole annunciano già il dono celeste. Non esprimono un saluto ordinario. Salve! cioè: ricevi la grazia, non temere, non pensare alla natura. Piena di grazia, cioè: in altri abita la grazia, ma in te abiterà la pienezza della grazia. Il Signore è con te: che altro significa se non che il Signore non intende più solo visitarti, ma che scende in te, per nascere da te con un mistero del tutto nuovo? L’angelo aggiunge: Tu sei benedetta fra tutte le donne: perché? perché quelle di cui Eva, la maledetta, lacerava le viscere, hanno ora Maria, la benedetta che gioisce in esse, che le onora, che diventa il loro modello. Eva, per la natura, non era più che la madre dei morenti; Maria diventa, per la grazia, la madre dei viventi” (Discorso CXI).

Nei discorsi seguenti, il santo Dottore c’insegna con quale profonda venerazione dobbiamo contemplare Maria in questi giorni in cui Dio abita ancora in essa. “Quando si tratta – egli dice – dell’appartamento intimo del re, di quale mistero, di quale riverenza, di quali profondi riguardi non dev’essere circondato questo luogo? È interdetto l’accesso ad ogni estraneo, ad ogni immondo, ad ogni infedele. Le usanze delle corti c’insegnano quanto debbano essere degni e fedeli i servigi che vi si rendono: si potrebbe sopportare anche solo di incontrare alle porte del palazzo l’uomo vile, l’uomo indegno? Quando dunque si tratta del santuario segreto dello Sposo divino, chi potrebbe essere ammesso, se non è intimo, se la sua coscienza non è pura, se la sua reputazione non è onorata, se la sua vita non è virtuosa? In questo santo asilo, dove un Dio possiede la Vergine, solo la verginità senza macchia ha diritto di penetrare. Osserva dunque, o uomo, ciò che hai, ciò che puoi valere, e chiediti se potresti scandagliare il mistero dell’Incarnazione del Signore, se hai meritato di accostarti all’augusto asilo in cui riposa ancora in questo istante tutta la maestà del Re supremo, della Divinità in persona”.


Preghiera

O Santo Vescovo, la cui bocca d’oro si è aperta nell’assemblea dei fedeli per far conoscere Gesù Cristo, degnati di guardare con occhio paterno il popolo cristiano che veglia nell’attesa dell’Uomo-Dio del quale hai confessato ad alta voce la duplice natura. Ottienici la grazia di riceverlo con il sommo rispetto dovuto a un Dio che scende verso la sua creatura, e con la tenera fiducia che si deve a un fratello il quale viene ad offrirsi in sacrificio per i suoi fratelli indegni.

Fortifica la nostra fede, o santo Dottore, poiché l’amore che ci occorre, procede dalla fede. Distruggi le eresie che devastano il campo del Padre di famiglia, e confondi soprattutto l’odioso Panteismo, del quale l’errore di Eutiche è uno dei più funesti semi. Distruggilo infine in quelle numerose cristianità d’Oriente che non conoscono l’ineffabile mistero dell’Incarnazione se non per bestemmiarlo, e combatti anche fra noi questo mostruoso sistema che, sotto una forma ancora più ripugnante, minaccia di divorare tutto.

Ispira ai fedeli figli della Chiesa quella perfetta obbedienza ai giudizi della Sede Apostolica, di cui davi all’eresiarca Eutiche, nella tua immortale Epistola, una grande ed utile lezione, quando gli dicevi: “Soprattutto, ti esortiamo, onorevole fratello, di ricevere con obbedienza le cose che sono state scritte dal beato Papa della città di Roma, poiché san Pietro, che vive e presiede sempre sulla sua Sede, vi manifesta la verità della fede a tutti coloro che la chiedono”.

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959

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