Bouquet spirituale:
17 maggio
Pasquale Baylon nacque nel 1540 a Torre Hermoza, nell’Aragona. Fin dalla giovinezza si distinse per la sua innocenza, l’attrattiva per la contemplazione ed amore per la santissima Vergine. Nel 1564 entrò fra i Minori della stretta osservanza, in qualità di fratello converso. Là non ebbe altra preoccupazione che di umiliarsi senza tregua, di praticare grandi mortificazioni e di passare, avanti al Santissimo Sacramento, tutto il tempo che aveva disponibile. Fu lì che attinse quella scienza profonda che gli permise di refutare gli eretici e di parlare sapientemente dei misteri della nostra fede. Morì il 17 maggio 1592 e fu beatificato da Paolo V nel 1618, poi canonizzato nel 1690 da Alessandro Vili. Leone XIII nel 1897 lo proclamò Patrono dei Congressi Eucaristici.
Pastore e Fratello converso. San Francesco di Assisi non poteva mancare di delegare alcuni dei suoi figli presso il Maestro risuscitato. Oggi gliene manda uno, tra i più umili ed i più ignorati da tutto il mondo. Pasquale Baylon è figlio della vita dei campi ed ha trovato il Signore Gesù facendo la guardia al suo gregge. È allora sorta in lui l’attrattiva della contemplazione e, nel desiderio di avvicinarsi maggiormente al suo Creatore, ha voluto seguirlo fino alla più sublime perfezione. Ha cercato ardentemente il tesoro dell’umiltà dell’Uomo-Dio, la sua vita fatta di povertà e di sofferenze, dirigendosi verso il chiostro francescano. Su quella terra benedetta, egli ha fiorito, come un albero del cielo, e il mondo intero ha inteso parlare dell’umile frate laico, nascosto in un ignoto convento spagnuolo. La santa Chiesa ce lo mostra oggi rapito nella contemplazione del trionfo del Maestro. Egli ha camminato con Gesù nella via dell’umiliazione e della croce; non è dunque giusto che abbia parte anche della vittoria del Capo divino? Non era egli presente nel pensiero del Redentore quando diceva: « A voi che siete rimasti con me nei miei cimenti , il Padre ha disposto un regno, sicché voi mangiate e beviate alla mia mensa; e sediate in seggi per giudicare le dodici tribù d’Israele »? (Luca 22, 28-30).
Lode e preghiera.
I cieli si sono aperti per riceverti, o Pasquale! Fin da quaggiù, l’ardore della tua contemplazione ti fece spesso presentire le delizie dell’eternità; ma, oggi, ogni velo si è abbassato e puoi contemplare per sempre colui che tanto desiderasti. Non si tratta più per te di unirti a lui per mezzo della sofferenza e dell’umiliazione; ma egli t’invita a partecipare alla sua gloria, alla sua felicità, alla sua vittoria. Degnati di volgere uno sguardo sopra di noi, che non sentiamo il tuo zelo a seguire le tracce del Redentore, e che ancora non abbiamo che la speranza di essere riuniti a lui nell’eternità. Sostienici nella nostra debolezza ed ottenici quell’amore che porta direttamente a Gesù, che passa al di sopra degli ostacoli della carne e del sangue e stabilisce l’uomo in una perfetta conformità col suo modello divino. Fa’ che aspiriamo alla nostra trasformazione in Gesù risuscitato che non può più morire. La caparra di tale trasformazione è già in noi per mezzo delle comunioni al mistero Pasquale; che esso si completi con la nostra fedeltà a restare vicini al trionfatore Maestro. Se egli ci lascia in questa valle di lacrime, il suo occhio ci segue, il suo amore aspira a vederci fedeli. Ancora un po’ di tempo, e poi apparirà. « Ecco, io vengo presto: tieni forte quel che hai; io sto all’uscio e picchio; se uno ascolta la mia voce e apre l’uscio, entrerò da lui e desinerò con lui e lui con me» (Apoc. 3, 11 e 20). Così la Pasqua del tempo si risolverà nella Pasqua eterna. Prega affinché, secondo il tuo esempio, noi manteniamo saldamente ciò che già possediamo per mezzo della grazia di Gesù risorto.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959
Riflessione. Chi vuol morire piamente, dice il Crisostomo, deve a imitazione de' santi vivere col salutare timor di Dio, operando sempre a fine di dar piacere alla divina maestà. Oh quanto poco modelliamo noi la vita su codesto principio! Ma subordinati a Dio, trasgrediamo impudentemente i comandamenti, e poco caso facciamo degli avvisi e delle minacce. Col prossimo siamo inflessibili e senza misericordia, e potendo soccorrerlo, lo trascuriamo. Stiamo all'erta e guardiamoci dai piccoli falli.
Michele Sartorio, Il piccolo leggendario ovvero vite de' Santi, Milano, Paolo Ripamonti Carpano, editore, 1847