Bouquet spirituale:
5 settembre
L’invito della Sapienza. Lorenzo, giovane ancora, risolvette e promise alla madre di «diventare un grande servitore di Dio». Un giorno, cercando ardentemente la pace, «una giovane donna, più bella che il sole, egli dice, venne a me. Io non sapevo chi fosse, ma si avvicinò e mi disse con dolcezza: perché ti stanchi a cercare la pace in mille cose? Quello che tu cerchi è in mio potere e io te lo prometto, se tu mi sposi». Egli le chiese il suo nome, la sua stirpe, la dignità e rispose che era la Sapienza di Dio umanata per riformare gli uomini. Egli naturalmente acconsentì.
Il giovane abbandonò la vita mondana, rinunciò al desiderio di dignità e di piaceri terreni, si offrì pienamente a Cristo e, per veramente possederlo, abbracciò la vita religiosa.
Ascoltiamo come egli ci racconta la costruzione dell’edificio della sua santificazione fondata su Cristo. Ascoltandolo metteremo noi stessi nelle condizioni volute dal Signore, perché la Scrittura ci ricorda che «non vi è salvezza che in Cristo» (Atti, 4, 12). Chi vuole costruire solidamente deve solidamente poggiarsi sulla pietra angolare (Sai. 17, 21).
Fondare sulla roccia. «Non vi è terreno, egli dice, più fermo e più adatto per costruire che la roccia. Vi è una pietra dura, irremovibile sulla quale possiamo costruire senza timori l’edificio della nostra santificazione ed è quella di cui è detto: «La pietra era il Cristo» (I Cor. 10, 4). Tutti coloro, che la luce dell’alto ha illuminato e che la grazia dello Spinto Santo ha toccati e convertiti, hanno posto il fondamento su quella pietra. Lì hanno costruito, non hanno scelto altro terreno, quelli che hanno operato la loro salvezza e il loro edificio spirituale tanto più alto si è elevato ed è durato nel tempo quanto più hanno avuto conoscenza profonda e chiara di quella roccia, che è Gesù Cristo.
Scelta dei materiali. «Non tutti hanno lavorato allo stesso modo, perché, come dice l’Apostolo, altri costruiscono su questo fondamento con oro, argento, pietre preziose, altri con legno, fieno e paglia» (I Cor. 3, 12). Ma «l’opera di ciascuno sarà manifesta» e il fuoco delle tribolazioni, delle persecuzioni, le scosse della tentazione verranno a provare e a mostrare ciò che l’edificio vale. Nell’attesa, ciascuno di noi deve impegnarsi in questo lavoro spirituale e sforzarsi di avere di Gesù Cristo una conoscenza chiara e precisa, per continuare l’opera della sua salute fino alla fine senza incertezza. Fondi sulla pietra e metta pietra su pietra, perché la pietra si adatta alla pietra perfettamente e la roccia forma sulla roccia un edificio solido e durevole. Potranno irrompere i fiumi e scatenarsi i venti, scoppiare tempeste e uragani: nulla potrà scuotere e abbattere l’edificio.
«Ascoltate un uomo, che veramente ha fondato sulla pietra: «Chi mi separerà dall’amore di Gesù Cristo?» (Rom. 8, 35) dice san Paolo; «l’afflizione, le angosce, la fame, la nudità, i pericoli, le persecuzioni o la spada? Io sono certo che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i principati, né le potenze, né le cose presenti, né quelle future, né la violenza, né quanto vi è di alto o di profondo, né alcun’altra creatura potrà mai separarmi dall’amore di Dio in Gesù Cristo, nostro Signore». Era una costruzione solida, fatta di materiali incorruttibili che nessuno poteva rovesciare, che nessuno poteva sottrarre alla sua destinazione. Non era fatta di pietre squadrate, tagliate, ma di pii affetti, di santi pensieri che avevano per oggetto Cristo e la sua vita» (L’agonia trionfante: Prefazione).
Vita. Lorenzo nacque a Venezia dalla nobile famiglia Giustiniani, nel 1380. Caratteristica della sua giovinezza fu una pietà profonda, che si imponeva e stupiva i vicini e destava ammirazione. A diciannove anni ebbe una visione della Sapienza eterna, che lo invitò a consacrarsi totalmente a lei. Persuaso che soltanto la vita religiosa gli permetteva di rispondere all’appello divino, entrò nei Canonici regolari di San Giorgio, nell’isola d’Alga, presso Venezia, e vi si distinse per l’amore alle austerità e alle umiliazioni. Andava volentieri in questua nella città, per incontrarvi motteggi e disprezzo.
Poco dopo l’ordinazione sacerdotale fu eletto Generale dell’Ordine e si impegnò tanto a riformarlo che è considerato a buon diritto un secondo fondatore.
Fatto vescovo di Venezia nel 1433, cercò di rifiutare tale dignità, ma Papa Eugenio IV fu irremovibile. Lorenzo non mutò il suo genere di vita, né rinunciò alle austerità e alle lunghe orazioni. Pacificò lo Stato che era in preda a discordie intestine, fondò quindici monasteri, eresse dieci nuove parrocchie nella città episcopale e curò lo splendore del culto divino. Nel 1450 dovette accettare la dignità di Patriarca, ma la considerò soltanto un invito a seguire più da vicino le tracce di Gesù nella povertà e nello zelo per la salvezza delle anime. È considerato giustamente precursore della riforma ecclesiastica attuata più tardi a Milano da San Carlo Borromeo, dopo il Concilio di Trento. I suoi discorsi e i libri di perfezione sono informati a una tenera devozione verso i misteri del Signore e soprattutto la Passione.
Mori il giorno 8 gennaio 1455, fu beatificato nel 1524 da Clemente VII, e canonizzato da Alessandro Vili nel 1690. La sua festa è fissa al 5 settembre, giorno della sua consacrazione episcopale.
Amore della Sapienza.
«O Sapienza che risiedi sul tuo trono sublime, Verbo per il quale tutto fu creato, siatemi propizia nella manifestazione dei segreti del vostro santo amore» (Casto connubio del Verbo e dell’anima. Proemio). Era questa, o Lorenzo la tua preghiera quando eri preso dal timore di dover rendere conto del talento nascosto, se avessi custodito per te solo ciò che potevi partecipare a molti, (ibid.) e hai deciso di divulgare l’augusto mistero. Sii benedetto per averci fatto partecipi del segreto dei cieli. La lettura delle tue opere e la tua intercessione presso Dio ci attirino verso le altezze, come la fiamma pura, che tende sempre a salire. Cercare riposo fuori di Dio è per l’uomo, fatto a sua immagine, un abbassarsi (ibid.). Tutto quaggiù è fatto per manifestarci l’eterna bontà, per insegnarci ad amarla, per cantare con noi il nostro amore (ibid.).
Quali delizie furono le tue, una volta giunto alle vette della carità, dove conducono i sentieri della verità, che sono le virtù! (ibid.). Quando ci parli dell’anima ammessa all’ineffabile intimità della Sapienza del Padre, ci fai il tuo ritratto: «Tutto le è profittevole. Ovunque si volti non vede che scintille d’amore. Sotto di sé il mondo, che ha disprezzato, si consuma per alimentare la sua fiamma: suoni, spettacoli, delicatezze, profumi, alimenti piacevoli, concerti della terra e splendore dei cieli più non li vede e non vede nella natura intera che una armonia epitalamica e il decoro della festa in cui il Verbo l’ha fatta sua sposa» (ibid.). Oh, potessimo noi camminare, sul tuo esempio, nella luce divina, vivere di unione e di desiderio, amare sempre di più e per sempre essere di più amati!
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959