Bouquet spirituale:
3 luglio
L’onore dell Santa Sede. Il Papa san Leone II ebbe un regno brevissimo: dal 682 al 683; tuttavia la Provvidenza gli aveva addossato la grande responsabilità di approvare gli atti del VI Concilio ecumenico che condannava la memoria di uno dei suoi predecessori, il Papa Onorio, morto da circa mezzo secolo. Si comprende come ciò sia avvenuto solo per motivi gravissimi: questi erano infatti tali che il santo Papa non indietreggiò davanti al suo penoso compito. Ne andava di mezzo l’onore stesso della Santa Sede, e su un punto al quale esso è particolarmente sensibile: la sua infallibilità dottrinale. San Leone II approvò il concilio che aveva rilevato un grande mancamento nella vigilanza di Onorio e lo aveva condannato per aver lasciato libero corso a un’eresia sottile e capziosa che era sfuggita alla sua censura.
L’Eresia monotelita. Questa eresia era nata dal falso zelo d’un patriarca di Costantinopoli, Sergio. Egli aveva riconquistato alla vera fede i monofisiti, molto numerosi in Oriente, i quali volevano vedere una sola natura nel Verbo Incarnato, negando in tal modo che egli fosse vero uomo e insieme vero Dio. Sergio pensò, verso il 620, di far sottoscrivere loro una formula che affermava le due nature, ma che autorizzava la fede all’unità di volontà in nostro Signore. Era questa la nuova eresia, il monotelismo o dottrina dell’unica volontà , che negando l’esistenza di una volontà umana in Cristo distruggeva l’integrità della sua natura umana e di conseguenza riportava a galla il monofìsismo che si voleva combattere.
L’inavvertenza di Onorio. Questa eresia trovò presto dei potenti avversari in due monaci: san Massimo di Costantinopoli, che subirà in martirio insieme con il Papa san Martino I per la difesa della fede; e san Sofronio, che diventerà poco dopo patriarca di Gerusalemme. Disgraziatamente, i patriarchi di Antiochia e di Alessandria sostennero Sergio; e solo l’autorità di Roma poteva arrestare il progresso dell’eresia. Ma in quella battaglia in cui il Sommo Pontefice avrebbe dovuto trovarsi in prima fila. Papa Onorio venne meno.
Sergio l’aveva abilmente sedotto. Gli aveva presentato la sua formula come perfettamente conforme alla dottrina delle due nature, e d’altronde particolarmente adatta a riconciliare i monofisiti. Onorio, fino allora estraneo alle discussioni che dividevano gli Orientali, era mal preparato a trattare tale questione dal punto di vista dottrinale. Egli vide soltanto il fine da raggiungere: il ritorno dei dissidenti. Dette fiducia a Sergio, lo incoraggiò nel tuo tentativo, e gli inviò una lettera di approvazione redatta dal suo segretario Giovanni, let tera piena di equivoci. Vi si affermava che il Verbo Incarnato opera divinamente le cose divine e umanamente le cose umane; ma vi si diceva pure che non avrebbero potuto esservi in Cristo volontà di senso diverso o contrario. Il Papa senza dubbio non si poneva dal punto di vista della composizione delle due nature di Cristo, ma solo delle sue virtù morali, e intendeva così manifestare la sua perfetta obbedienza. Tuttavia, ritenendo alcune delle riprovevoli espressioni di Sergio, sembrava approvarle.
Poco dopo, san Sofronio pubblicò a questo riguardo la sua prima lettera sinodale. Quel magnifico trattato di teologia illuminò Onorio il quale si affrettò a scrivere egli stesso a Sergio una seconda lettera in cui, senza ritrattare i suoi incoraggiamenti ad agire per la riconciliazione degli eretici, fissava nettamente il limite delle concessioni da farsi. Ma il male era fatto, e Sergio, appoggiato dall’Imperatore stesso, aveva già abusato della libertà concessa dalla prima lettera del Papa.
La condanna di Onorio. Cosicché, cinquant’anni dopo, in seguito al trionfo dell’ortodossia, il VI Concilio ecumenico tenutosi a Costantinopoli nel 680-681, dopo aver condannato l’eresia monotelita, scomunicava Sergio e i suoi seguaci, fra i quali ritenne di poter annoverare anche Onorio. Era un andare troppo oltre: bisognava pur fare una distinzione. E quando il Papa san Leone II ricevette gli atti del Concilio, li sanzionò solo dopo aver specificato la colpa di Onorio, che non bisogna confondere con gli eretici. « Invece di purificare questa Chiesa apostolica – egli scrive – ha permesso che l’Immacolata fosse contaminata da un tradimento profano ». Questo severo giudizio non è mai stato revocato da alcun Papa. Del resto, fin dall’inizio l’errore di Onorio fu considerato come una colpa personale che non implicava affatto l’autorità della Santa Sede. Ma un Papa, anche quando non parla ex cathedra e come dottore infallibile, reca tuttavia immense responsabilità nel suo insegnamento ordinario. Onorio non è stato eretico, anzi è stato anche tenuto in grande onore dai Papi san Martino e sant’Agatone. La Chiesa d’Occidente è stata governata da lui con saggezza. Ma il VI Concilio ecumenico ha messo in evidenza che in Oriente egli era venuto meno al suo compito. E san Leone II rese giustizia.
Vita. San Leone II , siciliano d’origine, fu eletto papa nel 681, ma fu consacrato solo dopo l’accettazione dell’imperatore nell’agosto del 682. Il suo pontificato ebbe termine meno d’un anno dopo, essendo morto nel luglio del 683. Era molto versato nelle lettere e amante della musica. Riedificò la chiesa di San Giorgio al Velabro e dedicò a san Paolo una chiesa che arricchì di reliquie tratte dalle Catacombe. Era dottore, predicatore, amico della povertà e dei poveri. Sostenne i diritti della Sede di Roma contro le pretese di quella di Ravenna, la città in cui risiedeva l’imperatore. Sanzionò infine gli atti del VI Concilio ecumenico. Fu sepolto in San Pietro.
Cristo, vero Dio e vero Uomo.
O glorioso Pontefice, tu hai avuto il privilegio di completare la confessione apostolica, dando il suo ultimo sviluppo alla testimonianza resa da Pietro a quel Figlio del Dio vivo che era insieme figlio dell’uomo. Tu eri degno di portare a termine l’opera dei concili di Nicea, di Efeso e di Calcedonia , che avevano rivendicato nell’Emmanuele la divinità consustanziale al Padre , l’unità di persona che faceva di Maria la sua vera madre, e quella dualità delle nature senza la quale egli non sarebbe stato nostro fratello. Ora Satana, che sui primi due punti si era facilmente lasciato battere, attaccava rabbiosamente il terzo: poiché nel giorno della grande battaglia che lo scacciò dal cielo, la sua ribellione era consistita nel rifiuto di adorare Dio sotto la forma umana; costretto dalla Chiesa a piegare il ginocchio, la sua rabbia avrebbe voluto almeno che quel Dio non avesse preso dall’uomo se non una natura incompleta. Che il Verbo sia carne, ma che non abbia in questa carne altro impulso, altre energie se non quelle della divinità stessa: e quella natura inerte, privata della volontà, non sarà più l’umanità, anche se dovesse conservarne tutto il resto; e Lucifero, nel suo orgoglio, sarà meno umiliato. L’uomo infatti, oggetto della sua ira infernale, non avrà più in comune con il Verbo divino se non una Vana apparenza. Grazie a te, o san Leone II, grazie in nome di tutta l’umanità! Per tuo mezzo, al cospetto del cielo, della terra e dell’inferno, viene autenticamente promulgato l’incomparabile privilegio che stabilisce, senza restrizioni di sorta, la nostra natura alla destra del Padre , nel più alto dei cieli; per tuo mezzo la Vergine schiaccia il capo dell’odioso serpente.
Preghiera per i Sommi Pontefici.
Ma quale tattica in questa campagna di Satana! Quale plauso nell’abisso allorché un giorno il rappresentante di Colui che é la luce apparve complice delle potenze delle tenebre per recare la notte! Previeni, o Leone, il ripetersi di situazioni così penose! Mantieni il pastore al disopra della zona delle malefiche brume che si levano dalla terra; conserva nel gregge quella preghiera che deve salire continuamente a Dio per lui dalla Chiesa (Atti 12, 5): e Pietro, fos s’anche sepolto nel profondo delle più oscure prigioni, non cesserà di contemplare il puro splendore del Sole di giustizia; e l’intero corpo della santa Chiesa si troverà nella luce. Il corpo infatti – dice Gesù – è rischiarato dall’occhio: se l’occhio è semplice, tutto il corpo risplende (Mt. 6, 22).
Il magistero infallibile.
Ammaestrati da te sul valore del beneficio che il Signore ha elargito al mondo quando lo stabilì sull’insegnamento infallibile dei successori di Pietro, conosciamo ora la forza della roccia che sostiene la Chiesa; sappiamo che le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa (ibid. 16, 18). Mai infatti lo sforzo di quelle potenze dell’abisso andò tanto oltre come nella funesta crisi alla quale tu ponesti termine. Del resto, il loro successo, per quanto doloroso, non andava contro le promesse divine: non già al silenzio di Pietro, ma al suo insegnamento é stata promessa l’immancabile assistenza dello Spirito di verità. O piissimo Pontefice, ottienici, insieme a quella rettitudine della fede, il celeste entusiasmo che occorre per celebrare Pietro e l’Uomo-Dio nell’unità che Gesù stesso ha stabilita fra loro. La sacra Liturgia ti fu grandemente debitrice: facci gustare sempre più la manna nascosta che essa racchiude; possano i nostri cuori e le nostre voci interpretare degnamente le sacre melodie!
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959