Bouquet spirituale:
11 aprile
San Leone nacque a Roma tra il 390 e il 400. Fu prima diacono sotto il Pontefice Celestino; divenne poi arcidiacono di Roma e, alla morte di Sisto III, fu eletto Papa. La sua consacrazione ebbe luogo il 29 settembre 440. Durante tutto il Pontificato, rivolse le sue cure all’istruzione del popolo, con i suoi sermoni così dogmatici e semplici, con zelo nel preservarlo dagli errori dei manichei e dei pelagiani, e facendo condannare, nel Concilio Ecumenico di Calcedonia, nel 451, Eutiche ed il Monofisismo. Nel 452, andò incontro ad Attila che minacciava Roma, e lo indusse a la sciare l’Italia. Nel 455 non potè però impedire a Genserico ed ai suoi Vandali di prendere e saccheggiare la capitale: nondimeno, accogliendo le sue preghiere, i barbari risparmiarono la vita degli abitanti, rispettando anche i principali monumenti della città.
San Leone morì nel 461 e fu inumato a San Pietro in Vaticano. Nel 1751 Benedetto XIV lo proclamò dottore della Chiesa.
Il difensore del dogma delVIncarnazione. Oggi, nel Calendario liturgico, troviamo uno dei nomi più gloriosi della Chiesa: san Leone Magno. Meritò questo titolo, avendo nobilmente lavorato per illuminare la fede dei popoli sul mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. La Santa Chiesa aveva trionfato delle eresie che attaccavano il dogma della Trinità; allora ogni sforzo infernale fu portato contro quello del Dio fatto uomo. Un vescovo di Costantinopoli, Nestorio, osò negare l’unità di persona in Gesù Cristo, separando in lui il Dio dall’uomo. Il concilio di Efeso condannò quest’errore, che annullava la Redenzione.
Ma non tardò a sollevarsi una nuova eresia , opposta alla prima, ma non meno nociva per il cristianesimo. Il monaco Eutiche sosteneva che, nell’Incarnazione, la natura umana era stata assorbita da quella divina, e quest’errore dilagava con una rapidità paurosa. La Chiesa sentì il bisogno dell’opera di un dottore che riassumesse con precisione e autorità il dogma, che è la base delle nostre speranze. Apparve allora Leone, che dall’alto della cattedra apostolica, ove lo Spirito Santo l’aveva fatto assidere, proclamò con una eloquenza ed una chierezza senza uguali, la formula della fede primitiva, sempre la stessa, ma risplendente di una luce nuova. Un grido di ammirazione partì dal seno stesso del Concilio ecumenico di Calcedonia, riunitosi per condannare l’empia tesi di Eutiche. I Padri esclamarono: « Pietro ha parlato per mezzo della bocca di Leone »! e quattordici secoli non hanno ancora cancellato , nella Chiesa d’Oriente, l’entusiasmo suscitato dall’insegnamento che san Leone dette a tutta la Chiesa.
Il difensore di Roma. L’occidente, in preda a tutte le calamità dell’invasione dei barbari, vedeva crollare gli ultimi avanzi dell’impero, e Attila, Flagello di Dio, era già alle porte di Roma. I barbari indietreggiarono di fronte alla maestà del contegno di Leone, come l’eresia si dissipava davanti all’autorità della sua parola. Il capo degli Unni, al quale avevano ceduto i più formidabili bastioni, conferì col Pontefice presso le sponde del Mincio, e s’impegnò di non entrare a Roma. La calma e la dignità di Leone, che affrontava, senza difesa, il più temibile dei vincitori dell’Impero, esponendo la vita per il suo gregge, aveva scosso quel barbaro. I suoi occhi avevano scorto nell’aere l’Apostolo Pietro, sotto l’aspetto d’un augusto personaggio che proteggeva l’intercessore di Roma. Nel cuore di Attila, il terrore si unì all’ammirazione. Momento sublime, in cui si rivela tutto un mondo nuovo! Il Pontefice disarmato, che affronta la violenza del barbaro; questi, commosso alla presenza di una dedizione che non comprende ancora; il cielo che interviene per aiutare l’uomo dalla natura feroce ad inchinarsi dinanzi alla forza morale.
L’atto generoso compiuto da Leone esprime, in un solo tratto, ciò che diversi secoli videro operarsi nell’Europa intera; ma l’aureola del Pontefice ne risulta più risplendente.
L’oratore. Affinchè Leone non mancasse di nessun genere di gloria, lo Spirito Santo l’aveva dotato di una eloquenza che si poteva chiamare « papale », tanto completa e imponente era la sua impronta. La lingua latina, che declinava, vi ritrovò quegli accenti, e una forma che, a volte, ricordavano l’epoca del suo vigore; e il dogma cristiano, formulato in uno stile nobile e nutrito dal più puro succo apostolico, vi risplendette di meravigliosa luce.
Leone, nei suoi memorabili discorsi, celebrò Cristo, uscente dalla tomba, invitando i suoi fedeli a risuscitare con lui. Egli caratterizzò, tra gli altri, il periodo dell’Anno liturgico che stiamo percorrendo in questo momento, quando disse: « I giorni che trascorsero tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione, non furono oziosi: poiché fu allora che vennero confermati i Sacramenti e rivelati i grandi misteri » (Discorso LXXIII).
Preghiera a Cristo
Gloria a te, o Cristo, Leone della tribù di Giuda, che hai suscitato nella tua Chiesa un altro Leone per difenderla nei giorni in cui la fede correva grandi rischi. Tu avevi incaricato Pietro di confermare i suoi fratelli; e noi vedemmo Leone, nel quale Pietro era vivente, compiere questa missione con autorità sovrana. Abbiamo inteso risuonare le acclamazioni del Concilio, che inchinandosi di fronte alla sua dottrina, proclamava il beneficio insigne che, in questi giorni, hai conferito al tuo gregge, quando donasti a Pietro la cura di pascere, tanto le pecore come gli agnelli.
Preghiera a san Leone
O Leone, tu hai degnamente rappresentato Pietro sulla sua cattedra! La tua parola apostolica non cessò di discenderne sempre veritiera, eloquente e maestosa. La Chiesa del tuo tempo ti onorò come maestro di dottrina; e la Chiesa di tutti i secoli ti riconosce per uno dei dottori più sapienti che abbiano insegnato la divina Parola. Dall’alto del cielo, ove ora siedi, riversa su di noi la grazia dell’intelligenza del mistero che fosti incaricato di esporre. Sotto la tua penna ispirata, esso diventa evidente; la sua armonia si rivela; e la fede si rallegra di percepire, così distintamente, l’oggetto al quale aderisce. Fortifica in noi questa fede, o Leone! Anche nei nostri giorni si bestemmia il Verbo incarnato; rivendica la sua gloria, mandandoci nuovi dottori. Tu hai trionfato della barbarie, o nobile Pontefice! Attila depose le armi di fronte a te. Ai nostri giorni, altri barbari si sono levati: barbari civilizzati, che vantano, quale ideale della società, quella che non è più cristiana, quella che nelle sue leggi e nelle sue istituzioni non confessa più re dell’umanità Gesù Cristo, al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Vieni in nostro soccorso, poiché il male è arrivato al suo culmine. Molti sono i sedotti che vanno verso l’apostasia, senza rendersene conto. Ottieni che la luce da noi non si spenga totalmente, che lo scandalo finalmente si arresti. Attila non era che un pagano; gli utopisti moderni sono cristiani, o almeno, qualcuno vorrebbe esserlo; abbi pietà di loro, e non permettere che restino più a lungo vittime delle loro illusioni.
In questi giorni di Pasqua, che ti ricordano l’opera del tuo ministero pastorale, quando, circondato dai neofiti, ne alimentavi la fede con discorsi immortali, prega per i fedeli che, in questa medesima solennità, sono risuscitati con Gesù Cristo. Essi hanno bisogno di conoscere sempre più il Salvatore delle anime, affinchè possano seguirlo, per non più separarsene. Rivela loro tutto ciò che egli è, nella sua natura divina e nell’umana: come Dio, loro ultimo fine e giudice dopo questa vita; come uomo, loro fratello. Redentore e modello. O Leone! benedici, sostieni il tuo successore sulla cattedra di Pietro, e, in questi giorni, mostrati protettore della nostra Roma, di cui hai sostenuto, con tanta eloquenza, i santi eterni destini.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959
Riflessione. Le nostre colpe sono la causa dei dolori e dei flagelli con che Dio ne visita, ma la preghiera passa i cieli e i venti si ristanno, i flutti si appianano e Gesù sorride dal mezzo nella tempesta e ne consola di sua stessa dolcezza.
Le Vite dei Santi per ciascun giorno dell’anno, Milano, Presso Carlo Barbini, editore, 1879