Vite dei Santi
i nostri modelli e protettori

Bouquet spirituale:

9 maggio

San Gregorio Nazianzeno
San Gregorio Nazianzeno

San Gregorio Nazianzeno
Vescovo e dottore della Chiesa
(312-389)

Gregorio nacque a Nazianzio, in Cappadocia, tra il 325 ed il 330. Andò a studiare ad Atene in compagnia dell'amico san Basilio e, con lui, s'applicò ad approfondire la sacra Scrittura. Dopo aver passato qualche tempo nella solitudine, divenne Vescovo di Sasimo, poi di Nazianzio, nel 372, e finalmente di Costantinopoli, nel 381, dove sua prima cura fu di combattere l'eresia e riportare molte anime alla purezza della fede cattolica. Ma ben presto, essendosi sollevata una persecuzione contro di lui, rinunciò all'episcopato, tornò a Nazianzio, e si dedicò tutto alla contemplazione delle cose divine e alle composizioni di opere teologiche. Fu il saldo difensore della consustanzialità del Figlio di Dio. Dopo alcuni anni di raccoglimento e di studio, si addormentò nella pace del Signore, verso l'anno 390.

A fianco di Atanasio, si presenta un nuovo Dottore della Chiesa per rendere omaggio del suo genio e della sua eloquenza a Gesù risorto. È Gregorio Nazianzeno, amico ed emulo di Basilio; l'oratore insigne, il poeta che, con la più sorprendente fecondità, ha saputo unire l'energia all'eleganza; colui che, tra tutti gli altri Gregori, ha meritato ed ottenuto il nome di Teologo per la sicurezza della sua dottrina, l'elevatezza del suo pensiero, lo splendore del suo stile. La santa Chiesa è felice di festeggiarlo in questi giorni, poiché nessuno ha parlato, con maggior magnificenza di lui, del mistero della Pasqua. Possiamo riconoscerlo anche dal principio del suo secondo discorso per questa augusta solennità. Ascoltiamo:

Il predicatore della Pasqua. "Io me ne starò in osservazione come la sentinella ci dice il Profeta Abacuc; ed oggi, seguendo il suo esempio, illuminato dallo Spirito Santo, faccio anch'io la guardia, osservo lo spettacolo che mi si presenta, ascolto le parole che stanno per risuonare. E, mentre pensieroso sono in piedi, io vedo assiso sulle nubi un personaggio, le cui fattezze sono quelle di un Angelo, e la cui veste è abbagliante come il baleno. La sua voce risuona quale tromba, le schiere incalzanti dell'armata celeste lo circondano; ed egli dice: 'questo giorno è quello della salvezza per il mondo visibile e per il mondo invisibile. Il Cristo si alza di tra i morti, anche voi alzatevi. Cristo riprende possesso di se stesso: imitatelo. Cristo si alza dal sepolcro: strappatevi dai vincoli del peccato. Le porte dell'inferno sono aperte, la morte è schiacciata, il vecchio Adamo è annientato, ed un altro gli è sostituito; voi che fate parte della nuova creazione in Cristo, siate rinovellati."

È così che egli parlava, e gli altri angeli ripetevano ciò che avevano cantato nel giorno in cui Cristo ci apparve nella sua nascita terrena: Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini di buona volontà! A me ora di parlare di tutte queste meraviglie: perché non ho la voce degli Angeli, una voce capace di risuonare sino ai confini della terra?!

La Pasqua del Signore! La Pasqua! Ancora la Pasqua per l'onore della Trinità! E la festa delle feste, la solennità delle solennità, che sovrasta tutte le altre, come il sole sulle stelle. Quanto grande fu anche la giornata di ieri, con le sue vesti bianche ed i suoi numerosi neofiti che recavano le fiaccole! Noi avevamo doppia funzione pubblica e privata; tutte le classi dì uomini, dei magistrati, e dei dignitari, in gran numero in questa notte illuminata da mille fuochi; ma oggi queste allegrezze e questi splendori quanto sono sorpassati! Ieri non era che l'aurora della grande luce che si è levata oggi; la gioia che sentivamo non era che il preludio di quella che si prova nell'attuale momento; poiché questo è il giorno della Risurrezione stessa che noi celebriamo, ma compiuta ed estesa al mondo intero".

Il contemplativo. Così parlava l'oratore, che per brevissimo tempo occupò la sede di Costantinopoli. Uomo solitario e contemplativo, le agitazioni del secolo presto logorarono il suo coraggio; la bassezza e la cattiveria degli uomini infransero il suo cuore; e, lasciando ad un altro il pericoloso onore di occupare un trono tanto conteso, se ne ritornò alla sua amata solitudine ove tanto gli piaceva gustare Dio e le sacre lettere. Nel suo rapido passaggio, aveva potuto, nonostante molte traversie, consolidare per lungo tempo la fede scossa nella capitale dell'impero, e tracciare un solco di luce che non s'era ancora cancellato quando Giovanni Crisostomo venne ad assiderasi su quella cattedra di Bisanzio, ove, a sua volta, lo attendevano tante prove.

Il dono della fede. Ti salutiamo o immortale Dottore, tu a cui l'Oriente e l'Occidente hanno decretato il titolo di Teologo per eccellenza! Illuminato dal raggio della gloriosa Trinità, ce ne hai manifestato gli splendori, per quanto è possibile ai nostri occhi di intravvederlo in questa vita. In te si è avverata questa parola: Beati i puri di cuore perché vedranno Iddio (Mt 5,8). La purezza della tua anima t'aveva preparato a ricevere la luce divina, e la tua penna ispirata ha saputo rendere una parte di quello che il tuo spirito aveva gustato. Ottenici, o grande Dottore, il dono della fede che mette la creatura in comunicazione con Dio, e il dono dell'intelletto, che le fa capire ciò che essa crede. Tutte le tue opere ebbero lo scopo di premunire i fedeli contro le seduzioni dell'eresia, facendo risplendere ai loro occhi i dogmi divini nella loro totale magnificenza. Rendici attenti, affinché evitiamo gli agguati dell'errore, e apri il nostro occhio alla luce ineffabile dei misteri, a quella luce che, secondo san Pietro, è per noi come una lucerna che risplende in luogo oscuro, fino a che non spunti il giorno e la stella del mattino non sorga nei nostri cuori (2 Pt 1,19).

L' Unità della fede. In questi tempi in cui l'Oriente, da un pezzo in preda alla triste immobilità dell'errore secolare e della servitù, sembra essere alla vigilia di una crisi che dovrà modificare profondamente il suo destino, mentre una politica profana pensa a sfruttare a profitto dell'umana ambizione i cambiamenti che si preparano, ricordati, o Gregorio, della disgraziata Bisanzio. Può darsi che domani essa verrà disputata, come una preda, dalle potenze del mondo. Tu che per un momento fosti il suo Pastore, tu, il cui ricordo non è ancora cancellato dalla sua memoria, strappala allo spirito dello scisma e dell'errore. Essa non cadde sotto il giogo degli infedeli che per punizione della sua rivolta contro il vicario di Cristo.

Ben presto questo giogo sarà spezzato: ottieni che nel medesimo tempo si spezzi e venga annientato per sempre quello dell'errore e dello scisma, anche più pericoloso ed umiliante. Si manifesta già un movimento di ritorno: intere province si scuotono e sembrano voler gettare uno sguardo di speranza verso la madre comune delle Chiese, che apre loro le braccia. Dall'alto dei cicli, aiuta questa riconciliazione. L'Oriente e l'Occidente ti onorano come uno degli inni più sublimi della verità divina; per mezzo delle tue preghiere ottenici che esse vengano ancora una volta riunite nello stesso ovile, sotto il medesimo Pastore, prima che l'Agnello, immolato e risuscitato, ridiscenda dal cielo per separare la zizzania dal buon grano, per condurre con lui nella sua gloria la Chiesa sua Sposa e nostra madre, all'infuori della quale non vi è salvezza.

La grazia Pasquale. Aiutaci, in questi giorni, a contemplare gli splendori del nostro divino Risorto; fa' che trasaliamo di santo entusiasmo in questa Pasqua che ti inondava delle sue gioie, e ti ispirava i sublimi accenti che poc'anzi abbiamo ascoltato. Questo Cristo, uscito trionfante dalla tomba, tu l'hai amato fino dai più teneri anni e nella tua vecchiaia ti faceva ancora battere il cuore. Prega affinché pure noi gli restiamo fedeli, affinché i suoi misteri rapiscano onora le anime nostre; che questa Pasqua dimori sempre in noi, che il rinnovamento che essa ci ha portato perseveri nella nostra vita; e che nei suoi successivi ritorni possa ritrovarci attenti e vigilanti per festeggiarla con ardore sempre nuovo, fino a che la Pasqua eterna ci accolga e dia le sue allegrezze senza fine.

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959

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