Bouquet spirituale:
12 luglio
Un vincitore della simonia. Una delle piaghe di cui ebbe maggiormente a soffrire la Chiesa nell’alto Medio Evo fu la simonia. I principi si erano arrogato il diritto di distribuire le dignità e i beni ecclesiastici non a quelli tra i loro sudditi che ne erano degni ma, contro le prescrizioni del Diritto ecclesiastico, a quelli che essi volevano ricompensare, oppure a quelli che li compravano con il denaro. Si può facilmente immaginare quale fosse il disinteresse, la virtù e lo zelo di simili Vescovi nelle loro diocesi o degli Abati nei loro monasteri. Invece di occuparsi del bene delle anime e della gloria di Dio, pensavano unicamente a godere della loro fortuna e continuavano a condurre una vita del tutto mondana e spesso scandalosa. I fedeli non potevano far altro che rassegnarsi a un simile stato di cose contro il quale gli stessi Sommi Pontefici si trovavano quasi disarmati.
Dio, che non lascia mai a lungo la sua Chiesa senza gli aiuti di cui ha bisogno, suscitò nel corso dell’XI secolo parecchi santi che si proposero di reagire contro tali abusi. Uno di essi, san Giovanni Gualberto, lasciò appunto l’abazia di cui era professo, per non vivere più sotto l’autorità d’un abbate eletto irregolarmente. Ritiratosi in una valle selvaggia coperta di foreste e detta Vallombrosa, vi fondò un nuovo monastero, presto popolato di numerosi discepoli, tutti desiderosi d’una vita perfetta come ben pochi monasteri potevano offrire in quei tempi.
San Giovanni si diede dunque all’opera di riforma, innanzitutto con l’esempio d’una vita povera, austera, assolutamente conforme alla Regola di san Benedetto. Egli stesso, per umiltà, e per quanto fosse Abate, non volle ricevere gli ordini. Amava accogliere alla penitenza i chierici colpevoli, che, pentiti venivano a cercare da lui il perdono di Dio, e a compiere sotto la sua autorità le lunghe espiazioni che egli imponeva loro. Talvolta ancora, san Giovanni lasciava Vallombrosa allorché gli si riferiva di qualche enorme scandalo che esigeva una pronta e clamorosa riparazione. Fu così che si recò un giorno a Firenze, dove il vescovo Pietro, simoniaco e disprezzato da tutti, rifiutava di lasciare la sua Sede. Giovanni, dopo averlo esortato invano, lo convertì con una miracolosa prova del fuoco. Al suo comando, uno dei suoi monaci passò attraverso le fiamme senza subirne danno, e il vescovo si sottomise.
La buona battaglia combattuta da san Giovanni Gualberto fu continuata nel corso del secolo da altri santi. E se egli non vide il trionfo completo dei suoi sforzi, preparò almeno la via a san Gregorio VII il cui regno vittorioso ebbe inizio nel 1073 nell’ora stessa in cui san Giovanni andava a ricevere in cielo la ricompensa delle sue fatiche e dei suoi meriti.
La carità verso i nemici. Ai giorni nostri la simonia è scomparsa dalla Chiesa, che è ormai diventata troppo povera per tentare gli avidi di denaro ed ha acquistato un’indipendenza troppo grande di fronte alle potenze del mondo, perchè possano rinascere simili abusi. Ma vi è un punto nel quale l’esempio di san Giovanni Gualberto è sempre attuale: è quello della carità. Giovanni, infatti, aveva inaugurato la sua vita con un atto di carità perfetta che decise di tutto il suo avvenire. All’età di circa 18 anni, incontrò lungo un sentiero angusto e deserto, l’uomo che aveva ucciso uno dei suoi parenti. In quell’epoca, in cui alla violenza delle passioni si dava facilmente libero sfogo, quell’uomo, che era senza armi, non poteva sfuggire alla morte che una inevitabile vendetta gli riservava. Ma l’assassino, quasi ad implorare la clemenza di Giovanni in nome di Dio oppure per morire insieme con Cristo ed espiare la sua colpa, discese dal cavallo, chinò il capo e si mise con le braccia incrociate dinanzi al giovane cavaliere. Giovanni, profondamente colpito, tocco da una grazia interiore come pure dalla vista della croce, discese a sua volta da cavallo ed ebbe la forza di perdonare al suo nemico. Entrato poco dopo in una chiesa, mentre pregava davanti al crocifisso, Giovanni vide d’un tratto il Cristo chinarsi verso di lui per ringraziarlo del suo atto eroico.
Vita. Giovanni nacque verso il 985 a Firenze, dalla nobile famiglia dei Gualberto. Dapprima monaco cluniacense a San Miniato, presso Firenze, cercò una vita più perfetta presso gli eremiti Camaldolesi, a Camaldoli. Ma preferendo la vita cenobitica, fondò a Vallombrosa un monastero in cui fece osservare la Regola di san Benedetto con grande austerità. Vi ammise, a fianco dei monaci del coro, alcuni devoti laici ai quali diede un regolamento di vita religiosa nel quale aveva il sopravvento il lavoro manuale: nacque così il ramo dei Conversi, che fu in seguito largamente adottato. San Giovanni combattè con successo la piaga della simonia. Morì il 12 luglio 1073 e fu canonizzato da Celestino III nel 1193. La Congregazione di Vallombrosa forma ancora oggi una branca dell’Ordine Benedettino.
Il perdono delle ingiurie. Sei stato un vero discepolo della nuova legge, tu che sapesti risparmiare un nemico in considerazione della santa Croce. Insegnaci a conformare al pari di te i nostri atti alle lezioni che ci impartisce lo strumento della salvezza; e esso diventerà per noi, come fu per te, un ‘arma sempre vittoriosa contro l’inferno. Potremmo forse, alla sua vista, fare a meno di dimenticare un’ingiuria che ci viene dai nostri fratelli, quando è un Dio che, non contento di dimenticare le nostre offese molto più gravi, si sacrifica su quel legno per espiarle lui stesso? Per quanto generoso possa mai essere, il perdono della creatura non è che una lontana ombra di quello che ci concede ogni giorno il Padre che è nei cieli. Giustamente dunque il Vangelo che la Chiesa canta in tuo onore ci mostra , nell’amore dei nemici, il segno caratteristico della rassomiglianza che ci avvicina maggiormente alla perfezione del Padre celeste, e il segno stesso della filiazione didivina nelle anime nostre (Mt. 5, 45, 48).
Zelo per la Chiesa.
Il Figlio di Dio, vedendo le tue disposizioni conformi ai sentimenti del suo cuore sacratissimo , ha versato nel tuo il suo ardente amore per la città santa per il cui riscatto egli ha dato tutto il suo sangue. O zelatore delle bellezza della Sposa, veglia su di essa sempre; allontanane i mercenari che pretenderebbero di ricevere dall’uomo il diritto di rappresentare lo Sposo a capo delle Chiese. Fa’ che l’odiosa venalità dei tempi tuoi non si trasformi ai tempi nostri in compromessi di alcuna specie con i poteri della terra. La simonia più pericolosa non è già quella che si sconta a prezzo d’oro; vi sono ossequiosità, omaggi, proposte ed impliciti impegni che cadono sotto l’anatema dei sacri canoni più che non transazioni pecuniarie: e che cosa importerebbe, in realtà, l’oggetto o la forma mitigata del contratto simoniaco, se la complicità acquisita dai pastori lasciasse i principi caricare nuovamente la Chiesa delle catene che tu hai tanto contribuito a spezzare? Non permettere, o Giovanni Gualberto, una simile disgrazia che sarebbe l’annuncio di terribili disastri. Fa’ che la Chiesa continui a sentire l’aiuto del tuo braccio potente. Salva ancora una volta la tua patria terrena. Proteggi, nei nostri disastrosi tempi, il santo Ordine di cui tu sei la gloria e il padre. Ottieni ai cristiani di ogni condizione il coraggio necessario per sostenere la lotta che si impone ad ogni uomo quaggiù.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959