Bouquet spirituale:
9 ottobre
Vita. La Chiesa di Francia celebra oggi un altro suo protetto te, il primo vescovo di Parigi. Conosciamo da Gregorio di Tours l'epoca in cui il vescovo stabilì la sede ecclesiastica nella capitale della regione parigina, l'antica Lutezia: mentre Decio e Grato erano consoli, nel secondo quarto del III secolo, quando Papa Fabiano poté sviluppare l'organizzazione della Chiesa, profittando della benevolenza dell'imperatore per i cristiani. Parigi si gloria di aver ricevuto la sua gerarchia, una delle prime fra le città delle Gallie, certo dopo Lione e Vienne, senza dubbio poco dopo Tolosa, Reims, Treviri. La lista episcopale, che è fra le più sicure, conferma quanto dice Gregorio di Tours.
Il Vescovo si chiamava Dionigi e il nome farebbe pensare piuttosto a un greco che ad un latino, sicché a quelli che vorranno completare una biografia molto sommaria si aprono interessanti prospettive. Ma la biografia ora si riassume in poche parole. Non dice niente dei cristiani di Lutezia all'arrivo del vescovo, ma tale arrivo fa supporre che fossero già numerosi. Ciò non stupisce, se si pensa alla situazione geografica della città e al compito dei navigatori parigini con il traffico incessante di battelli sulla Senna e sui suoi affluenti. L'autore di una delle vite di san Dionigi, la più antica, ci parla di una "riviera animata e gioiosa".
Il vescovo moltiplica il numero dei fedeli, organizza i vari servizi della Chiesa, costruisce una basilica. Dove era situata la prima cattedrale non si sa precisare, ma bisognerebbe senza dubbio cercare fra i giardini e le vigne che, sulla riva sinistra, facevano di questo borgo una collina piacevole e appartata.
La pacifica comunità cristiana di Parigi fu tosto turbata dalla persecuzione, e il vescovo Dionigi ne fu l'illustre vittima col prete Rustico e il diacono Eleuterio. La persecuzione colpiva la Chiesa nel suo capo per disperdere il gregge.
Il luogo del martirio non potrebbe essere che l'inizio della strada che da Parigi porta a Rouen e Harfleur, presso il villaggio di Catulliacum, che doveva poi prendere il nome del vescovo e diventare Saint-Denys en France. In questa località la strada, l'Estrôe come si dirà poi, passa vicino ad una curva della Senna e i carnefici avevano avuto l'ordine di gettare i corpi nel fiume, ma una persona facoltosa, già cristiana nel cuore, sebbene non battezzata, riuscì a sottrarre le preziose spoglie. La storia dice, un po' velatamente, che tale persona comprò il carnefice: era cosa abituale e quasi ammessa.
I tre martiri avevano affermato fino all'ultimo momento la loro fede nel vero Dio e "decapitati, la loro lingua pareva ancora palpitare e lodare il Signore". I corpi furono sepolti in fretta in un campo e l'anno seguente sopra di essi il grano crebbe più bello che in tutti gli altri campi. Terminata la persecuzione, una mesta tomba raccolse le reliquie e i fedeli andavano volentieri su quella tomba a pregare. Santa Genoveffa nel 475 costruì su quella tomba una chiesa.
I tre Dionigi. I Merovingi, fissando la loro capitale a Parigi, si trovano portati naturalmente ad onorare la tomba di san Dionigi e il re Dagoberto, che ne fu devotissimo, nel 630 decorò in modo sontuoso la basilica, che divenne una delle più importanti della diocesi di Parigi, officiata da clero proprio e da un gruppo di monaci, che accettano la regola di san Benedetto, quando la pia regina Batilde la raccomanda a tutti i monasteri.
Nel secolo seguente Fulrado costruisce una nuova basilica nel luogo ove oggi ancora esiste e la dedicazione si celebra il 24 febbraio 775. Le reliquie vengono allora trasportate dalla basilica dell'Estrôe, che resta dipendente dall'Abbazia. Il culto di san Dionigi guadagna in splendore e appunto per questo si desidera una Vita più circostanziata del santo vescovo e la redige Ilduino, tenendo conto di una idea ormai corrente, che il protettore dell'Abbazia sia il Dionigi membro dell'Aeropago di Atene, convertito da san Paolo.
Ma a quest'epoca Dionigi l'Areopagita è già confuso con un altro, Dionigi il mistico, autore di trattati di Teologia, importanti per il pensiero e la ricchezza del simbolismo. La confusione dei tre Dionigi mescola i dati storici, ma ha conseguenze utili, perché orienta l'illustre monastero e con quello molti altri in una corrente di spiritualità solidamente teologica e spinge i monaci verso le cose di Grecia e di Bisanzio sicché ne adottano parecchi canti e la celebre messa greca detta di san Dionigi.
San Dionigi di Francia. L'attività dell'abbazia va oltre e diventa sempre più forte e più bella in un compito religioso, intellettuale, economico e sociale. Ha anche un compito politico, perché san Dionigi diventa una delle assisi di Francia. È noto l'immenso concorso di popolo alla santa tomba, come è nota la pietà dei re, che fecero dell'orifiamma, bandiera del martire, il loro stendardo e di Mongioia san Dionigi il loro grido di guerra sotto tutti i cieli, grido che li conduceva alla vittoria. Durante la vita, non lasciavano il regno senza affidarne la custodia al protettore del giglio di Francia nella sua abbazia, e in morte, all'abbazia affidavano i loro resti mortali. Se Reims è la cattedrale delle incoronazioni, la basilica di san Dionigi è il cimitero dei Capetingi. Se il re muore, la Francia non muore e di anno in anno i monaci di san Dionigi, che diventano presto storici ufficiali del regno, registrano gli avvenimenti nazionali di anno in anno nelle Grandi Cronache della Francia. La festa del 9 ottobre, l'Invenzione del 2 aprile, gli anniversari della Dedicazione e altre feste minori attestano tuttavia che al centro di tutta la vita della nazione è sempre il primo vescovo di Parigi, patrono del monastero e della città, uno dei più grandi santi della Francia, Protettore del regno, ne assicura la difesa, la pace e la continuità. Attorno al santuario, ricostruito dal saggio Suger, nella basilica ultimata da san Luigi, il Re giusto fa scolpire le statue di tutti i suoi predecessori, da Clodoveo in poi, raffigurando con una espressione magnifica la perennità di una nazione cristiana.
Dopo "il fulgore del Medioevo" altre tombe si sono moltiplicate negli ambulacri di san Dionigi. Le ossa possono essere state disperse, ma resta l'insegnamento di una vita sociale e politica sbocciata nella luce del santuario, l'insegnamento della cattedrale, quale la concepì tutto un popolo con il concorso di tutte le forze vive e, in dispregio delle vicende storiche, mostra come si possa costruire in modo grandioso e durevole, sia che si tratti d'arti o di istituzioni.
Preghiera.
Nella festa di colui, che per le circostanze e cioè per disposizione della Provvidenza, si trova al centro della storia della Francia, sarà lecito leggere una pagina di Dionigi il Mistico, sul libro del quale l'abate di Cluny, san Maiolo, quando veniva a san Dionigi di Francia, passava le notti. "Gesù, con il santo amore che ci trascina, calma la tempesta delle preoccupazioni dissipatrici e, richiamando le anime alla unità della vita divina, ci conferma nella permanente fecondità del nostro nobile ministero. L'esercizio delle sacre funzioni ci avvicina agli Angeli tendendo a collocarci, come essi sono, in uno stato fisso di immutabile santità. Da quella posizione, gettando lo sguardo sullo splendore divino di Gesù benedetto, arricchiti della scienza profonda delle contemplazioni mistiche, possiamo essere consacrati e consacrare a nostra volta, ricevere luce e comunicarla, raggiungere la perfezione e portare alla perfezione gli altri" (De eccl. hier. I, 1).
Attraverso le fatiche della vita terrestre noi raggiungeremo la perfezione con l'aiuto dei santi martiri di Parigi, come canta un'antifona dell'antica liturgia dì san Dionigi:
"Concedi, o Dio onnipotente, la corona della gloria ai tuoi eletti, che lottano nel combattimento e destina loro, come bottino, la ricompensa del regno celeste. In mezzo ad essi il tuo atleta Dionigi con Eleuterio e Rustico morendo per te, ha conseguito la palma del martirio. Concedici, o Redentore del mondo, che il loro aiuto ci ottenga il perdono, perché i nostri meriti nulla possono valere".
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959