Bouquet spirituale:
18 marzo
San Cirillo nacque verso l’anno 315. Si dedicò allo studio della sacra Scrittura e divenne un valoroso difensore della fede ortodossa. Ordinato prete nel 345, ebbe l’incarico di predicare la parola di Dio e compose le Catechesi, in cui pone le solide basi di tutti i dogmi contro i nemici della fede. Divenuto poi vescovo di Gerusalemme, ebbe molto a soffrire da parte degli Ariani, che lo cacciarono nel 357. In seguito alla morte dell’imperatore Costanzo poté ritornare in sede, ma subì un nuovo esilio sotto Valente e fu poi ristabilito sulla cattedra da Teodosio. Morì a Gerusalemme verso il 386, dopo 35 anni d’episcopato. Leone XIII lo dichiarò Dottore della Chiesa.
Dottore del Sacramento del Battesimo. È giusto che nei giorni consacrati all’istruzione dei catecumeni la santa Chiesa onori il Pontefice, il cui nome ricorda, meglio d’ogni altro, lo zelo e la scienza che i Pastori devono impiegare nella preparazione del santo Battesimo. Da molto tempo, la cristianità latina si limita a numerare un tanto Dottore con la menzione che fa di lui, ogni anno, nel martirologio. Ora però all’antica espressione di riconoscenza per i servigi resi da Cirillo nei lontani tempi, essa aggiunge la domanda di un’assistenza resa non meno necessaria che nei primi tempi del cristianesimo.
Il battesimo, è vero, ora si conferisce sin dall’infanzia, mettendo l’uomo, per la fede infusa, in possesso della piena verità prima che la sua intelligenza si trovi in contatto con la menzogna. Ma troppo spesso accade che il bambino non trovi più a suo fianco la difesa che deve sostenere la sua debolezza; infatti la società moderna ha rinnegato Gesù Cristo, e la sua apostasia, sotto l’ipocrita neutralità di pretese leggi, la spinge a soffocare il germe divino in ogni anima battezzata, prima che possa germogliare e svilupparsi. Tuttavia, di fronte alla società, come anche nell’individuo, il battesimo ha i suoi diritti; e noi non possiamo meglio onorare san Cirillo, che ricordandoci, il giorno della sua festa, dei diritti di questo primo Sacramento dal punto di vista dell’educazione, come egli li reclama nei battezzati.
Doveri dei governi verso i battezzati. Per quindici secoli le nazioni dell’Occidente, il cui edificio sociale poggiava sulla saldezza della fede romana, mantennero i loro membri nell’ignoranza della difficoltà che prova un’anima per innalzarsi dalle regioni dell’errore alla pura luce. Battezzati come noi sin dalla nascita, e sin d’allora in possesso della verità, i nostri padri avevano a loro vantaggio la potenza civile, che, concorde con la Chiesa, difendeva in essi quella pienezza di verità che costituiva il loro più grande tesoro, al tempo stesso che formava la salvaguardia del mondo. La protezione dei singoli è infatti il dovere del principe o di chiunque, non importa a quali titoli, governa gli uomini; e la gravità di questo dovere è in ragione dell’importanza degl’interessi da garantire. Ora questa protezione è tanto più gloriosa per il potere, quanto più si rivolge ai deboli ed ai piccoli di questo mondo. Mai la maestà della legge umana rifulse meglio che nella culla ove guarda al fanciullo nato ieri, all’orfano indifeso, alla vita, al nome, al patrimonio.
Dignità dei battezzati. Ora, il bambino uscito dal sacro fonte, possiede delle preminenze che sorpassano di gran lunga tutto ciò che possono avergli procurato la nobiltà e la fortuna degli antenati, insieme alla più ricca natura. Risiede in lui la vita divina; il nome di cristiano lo fa uguale agli angeli; il patrimonio che possiede è la pienezza di quella verità di cui parlammo poco fa, cioè Dio stesso, posseduto su questa terra per la fede, in attesa che si riveli al suo amore nella beatitudine dell’eterna visione.
Quale grandezza, dunque, è nelle culle in cui vagisce l’infantile debolezza! Ma anche quale responsabilità per il mondo! Se Dio non aspetta per conferire tali beni alla terra, che i beneficiarii siano in età da comprenderli, è l’impazienza del suo amore che si manifesta in questa sollecitudine; ma ciò che incombe al mondo è di rivelare a suo tempo la loro dignità a questi figli del cielo, per formarli ai doveri che derivano da quel nome e per innalzarli come conviene al loro divino linguaggio.
L’educazione del figlio d’un re è adeguata alla sua origine: e coloro che sono ammessi all’onore d’istruirlo, ispirano le lezioni al titolo di principe che porta; le stesse nozioni comuni gli vengono presentate in maniera che si armonizzino il meglio possibile al suo eminente destino; nulla per lui che non miri al medesimo fine: perché tutto deve concorrere in lui a metterlo in grado di portare la corona con gloria.
Può ora l’educazione d’un figlio di Dio meritare minori riguardi? e si può mai, nelle cure da dedicare a lui, lasciar in oblio la sua origine ed i suoi destini?
Diritti della Chiesa nell’educazione. Proprio così: soltanto la Chiesa è capace, quaggiù, di spiegare la nostra origine di figli di Dio; soltanto lei conosce la maniera sicura di far servire gli elementi delle umane nozioni al fine supremo che deve dominare la vita del cristiano. Dunque, che ne deduciamo, se non che la Chiesa è di diritto la prima educatrice dei popoli? Quando istituisce scuole, in ogni ramo di scienza, è alla sua altezza; e la missione da lei ricevuta d’insegnare vale più di tutti i diplomi. Anzi v’è di più: ogni qualvolta questi diplomi non sono rilasciati da lei, l’uso dei loro incarichi trae la sua prima principale legittimità, all’occhio dei cristiani, dal suo consenso: perché tutto resta sempre sottomesso e di pieno diritto, alla sua sorveglianza. Ella è la madre dei battezzati; e la sorveglianza dell’educazione dei figli spetta a lei, qualora la madre non assolva da sé al compito di tale educazione.
Dovere della Chiesa. Al diritto materno la Chiesa aggiunge il dovere di Sposa del Figlio di Dio e di custode dei Sacramenti. Il sangue divino non può impunemente scorrere invano sulla terra; delle sette sorgenti, attraverso le quali l’Uomo-Dio volle s’espandesse mediante la parola dei ministri della sua Chiesa, non ve n’è una che deve sgorgare altrimenti che dalla speranza fondata sopra un effetto realmente salutare e rispondente al fine del sacramento per cui se ne fa l’uso. Soprattutto il battesimo, che eleva l’uomo dalla profondità del suo niente alla nobiltà soprannaturale, non potrebbe sfuggire, nella sua amministrazione, alle norme d’una prudenza tanto più vigile quanto più il titolo divino che conferisce è eterno.
Il battezzato, che ignora volontariamente o forzatamente i propri doveri e diritti, somiglierebbe a quei figli di famiglia che, con o senza loro colpa, non conoscono le tradizioni della stirpe da cui provengono, ne sono l’obbrobrio e conducono ingloriosamente nel mondo la loro vita decaduta. Così ora la Chiesa, come già al tempo di Cirillo di Gerusalemme, non può ammettere nessuno al sacro fonte, senza esigere dal candidato al battesimo la garanzia d’una sufficiente istruzione: s’egli è adulto, deve dar prova della propria scienza; se gli manca l’età e tuttavia la Chiesa acconsente che venga introdotto nella famiglia cristiana, è in ragione della vita cristiana di coloro che lo presentano e dello stato sociale che lo circonda, ch’ella si accerta dell’educazione che riceverà conforme alla vita soprannaturale acquisita nel sacramento.
La Chiesa educatrice. Così fu necessaria la stabilità incontestata dell’impero dell’Uomo-Dio sul mondo, perché la pratica del battesimo conferito ai bambini diventasse generale com’è oggi; e non dobbiamo meravigliarci se la Chiesa, a misura che andava completandosi la conversione dei popoli, s’è venuta a trovare investita della sola missione di elevare le nuove generazioni. Gli sterili corsi dei grammatici, dei filosofi e dei retori, ai quali non mancava che la sola scienza necessaria, quella dello scopo della vita, furono disertati a vantaggio delle scuole episcopali e monastiche in cui la scienza della salvezza, primeggiando su ogni altra, le illuminava contemporaneamente tutte della vera luce. La scienza così battezzata mise alla luce le Università, che riunirono in una feconda armonia tutto lo scibile delle conoscenze umane sino allora disgiunte da un comune legame e troppo spesso contrastanti fra loro. Sconosciute nel mondo prima del Cristianesimo, che solo portava in sé la soluzione del grande problema del connubio delle scienze, le Università, che fanno di questa unione la loro essenza principale, restano per tale ragione l’inalienabile dominio della Chiesa.
Vana pretesa dello Stato neutro. Oggi invano lo Stato, ridivenuto pagano, pretende negare alla madre dei popoli ed arrogare a se stesso il diritto di chiamare con tale nome le sue scuole superiori; le nazioni scristianizzate, vogliano o no, non avranno mai il diritto di fondare tali gloriose istituzioni, ne avranno la forza di mantenerle nel vero senso del nome che portarono e realizzarono nella storia. Lo Stato senza fede non manterrà mai nella scienza altra unità che quella di Babele; non lo costatiamo già sino all’evidenza? Il monumento della superbia ch’esso vuole innalzare contro Dio e la sua Chiesa non servirà ad altro che a far sorgere la spaventosa confusione delle lingue, cui la Chiesa aveva strappato le nazioni pagane, delle quali ripete gli errori. Quanto a pavoneggiarsi dei titoli della vittima che hanno osato spogliare, ogni usurpatore e ladro fa altrettanto; ma l’impotenza in cui si trova di far pompa, nel contempo, delle prerogative che questi titoli suppongono, non fa che mettere maggiormente allo scoperto il furto commesso a danno del legittimo proprietario.
La neutralità. Negheremo allora allo Stato pagano o neutro, come oggi si vuoi dire, il diritto di educare a modo suo gl’infedeli che ha prodotti a sua immagine? Niente affatto; la tutela di cui la Chiesa rivendica il diritto e il dovere riguarda i soli battezzati. Ugualmente non ne dubitiamo: se la Chiesa un giorno dovrà costatare che ogni garanzia da parte della società verrà veramente a mancare al battesimo, essa certamente tornerà alla disciplina dei primi tempi, in cui la grazia del sacramento che fa i cristiani non era accordata indistintamente a tutti come oggi, ma solamente agli adulti che se ne mostravano degni, o ai fanciulli le cui famiglie davano le necessario garanzie alla sua responsabilità di Madre e di Sposa.
Le nazioni allora si troveranno divise in due: da una parte i figli di Dio che vivono della sua vita e sono eredi del suo trono; dall’altra, gli uomini che, invitati come tutti i figli di Adamo a questa nobiltà soprannaturale, avranno preferito criminosamente restare schiavi di colui che li voleva suoi figli in questo mondo che l’Incarnazione fece sua dimora. Allora l’educazione comune e neutra apparirà ancora più assurda: per quanto la si consideri neutra, mai la scuola dei servi potrà conciliarsi con quella dei principi ereditari.
Protezione dei Santi Dottori. Andiamo forse avvicinandoci ai tempi, in cui gli uomini, che per infelice sorte furono esclusi dal battesimo, sin dal loro ingresso in questo mondo, conquisteranno da sé il privilegio dell’ammissione nella cristiana famiglia? Dio solo lo sa; ma più di un segno c’induce a crederlo. L’istituzione della festa odierna forse avrà un legame, nei disegni della Provvidenza, con le esigenze d’una nuova situazione creatasi nel seno della Chiesa sotto tale rapporto.
Non è passata una settimana che rendemmo omaggi a san Gregorio Magno, il Dottore del popolo cristiano; tre giorni dopo onoravamo il Dottore della scuola, Tommaso d’Aquino, nel quale la gioventù cristiana e studiosa festeggia il suo patrono. Perché oggi, dopo mille e cinquecento anni, ci si domanda di venerare questo nuovo Dottore, il Dottore d’una classe scomparsa, i catecumeni? Non è forse perché la Chiesa vede i nuovi servigi ch’è chiamato a rendere Cirillo di Gerusalemme, con gli esempi e gl’insegnamenti contenuti nella sua Catechesi?
Oggi sono ormai molti i cristiani traviati che, nel loro ritorno a Dio, trovano l’ostacolo maggiore in una ignoranza esasperante e ben più profonda di quella stessa, dalla quale lo zelo di Cirillo sapeva trarre i pagani ed i Giudei!
Preghiera al Dottore
O Cirillo, tu fosti un vero figlio della luce (Ef 5,8). La Sapienza di Dio sin dall’infanzia conquistò il tuo amore e ti stabilì come il faro che brilla sul porto e salva, attirandolo alla riva, il povero naufrago sbattuto nella notte dell’errore. Nel luogo stesso dove si compirono i misteri della redenzione del mondo, ed in quel IV secolo così fecondo di dottori, la Chiesa ti affidò la missione di preparare al battesimo le anime guadagnate dalla recente vittoria del cristianesimo in tutte le classi della società. Nutrito delle Scritture e degl’insegnamenti della Madre comune, sgorgava abbondante e pura la parola dalle tue labbra. Sappiamo dalla storia che, impedito dalle altre cure del tuo santo ministero di consacrarti esclusivamente ai catecumeni, dovesti improvvisare le Catechesi, in cui la scienza della salvezza viene svolta con una sicurezza, una luminosità ed una sintesi mai conosciute fino allora, ne d’allora in poi sorpassate.
Per te, santo Pontefice, la scienza della salute consisteva nella conoscenza di Dio e del Figlio! suo Gesù Cristo, contenuta nel simbolo della Chiesa. La preparazione al battesimo, alla vita, all’amore, consisteva nell’acquisto di questa scienza unica, profonda, la sola necessaria e capace di governare ogni uomo, non con l’impressione d’una vana sentimentalità, ma sotto l’impero della parola di Dio ricevuta com’essa merita, meditata giorno e notte, e che penetra tutta l’anima così che basti da sola a metterla in possesso della pienezza della verità, della rettitudine morale e dell’odio dell’errore.
Preghiera per l’unità della Chiesa.
Tu vedesti coi propri occhi l’inizio di quello scisma che separò l’Oriente dalla comunione cattolica. Poi, ahimè! Bisanzio consumò la rottura; ed il castigo del suo delitto fu l’annientamento e la schiavitù, senza che questa seconda infedele Gerusalemme abbia ancora riconosciuta la causa delle sue sciagure. Santo Pontefice, noi ti supplichiamo che, compiuto il corso della giustizia, si compia anche quello della misericordia: che s’apra l’unico ovile alle pecorelle allontanate dallo scisma!
Preghiera al Pastore
Assicurati così i tuoi uditori, non temevi di svelare gli argomenti e le abominazioni delle sette nemiche. Vi sono tempi e circostanze, la cui estimazione spetta ai capi del gregge, e nei quali essi devono passar sopra il disgusto che ispirano tali esposizioni, per denunciare il pericolo e mettere le loro pecorelle in guardia contro gli scandali dello spirito o dei costumi. Per questo, o Cirillo, le tue indignate invettive perseguitavano il manicheismo nel fondo stesso dei suoi antri impuri; tu presentivi in lui l’agente principale di quel mistero d’iniquità (2Ts 2,7), che continua il suo cammino tenebroso e dissolvente attraverso i secoli, fino a che il mondo soccomba con lui di putredine e di superbia.
Manete ai nostri tempi spadroneggia più che mai; e le società occulte ch’egli ha fondate sono divenute padrone. L’ombra delle loggie, è vero, continua a nascondere ai profani il suo simbolismo sacrilego e i dogmi un tempo portati dalla Persia; ma l’abilità del principe di questo mondo finisce di concentrare nelle mani del suo fedele alleato tutte le forze sociali. Ora il potere è nelle sue mani, ed il primo ed esclusivo uso che ne fa è di persecuzione contro la Chiesa in odio a Cristo. Egli le nega il diritto d’insegnare avuto dal divino Capo; perfino i figli ch’essa ha generati e che le appartengono già di diritto per il battesimo, le si vogliono strappare a viva forza e impedirle di presiedere alla loro educazione.
Tu, o Cirillo, chiamato in suo soccorso in questi tristi tempi, non venir meno alla fiducia che essa ha riposto in te. Tu, che comprendevi a fondo le esigenze del sacramento che fa cristiani, difendi il battesimo in tante anime innocenti, ove lo si vuoi soffocare; sorreggi, risveglia, se occorre, la fede dei loro padri cristiani, e comprendano che, se hanno il dovere di proteggere i loro figlioli, sino a farsi scudo coi propri corpi, piuttosto che lasciarli in balia delle fiere, l’anima degli amati figli è ancora più preziosa.
Già molti di loro – e formano la grande consolazione della Chiesa di un tempo in cui la speranza della società è battuta in breccia da ogni parte – compresero la condotta che s’imponeva ad ogni anima generosa in tali circostanze: perché ispirandosi unicamente alla propria coscienza, e forti del loro diritto di padri, subirono la violenza della forza brutale dei nostri governi, piuttosto che cedere di un sol passo alle capricciose innovazioni d’uno Stato pagano tanto assurdo e riprovevole. Benedicili, o Cirillo, ed aumenta il loro numero. Ugualmente benedici, moltiplica, sostieni, illumina i fedeli che si dedicano alla missione d’istruire e salvare quei figli che furono traditi e ingannati dal potere: non è questa una missione più urgente di quella dei catechisti, ai nostri giorni, e non è quella che ti sta più a cuore?
Il trionfo della Croce.
L’apparizione della Croce segnò l’inizio del tuo episcopato. Anche i nostri tempi increduli, assistettero a un simile prodigio, quando a Migné, nella diocesi di sant’Ilario, tuo emulo e contemporaneo, apparve nel ciclo il segno della salvezza, risplendente di luce, alla vista di migliaia di persone. Ma l’apparizione del 7 maggio 351 preannunciava per la santa Croce il trionfo da te previsto; infatti alcuni anni dopo, sotto i tuoi occhi, Elena ritrovava il legno redentore. L’apparizione del 17 dicembre 1826 non avrebbe annunciato invece perdite e rovine! Fiduciosi nel tuo aiuto sì opportuno, santo Pontefice, noi vogliamo sperare in un avvenire migliore, memori che il trionfo della Croce di cui tu fosti testimone, non fu che il frutto delle sofferenze della Chiesa, che tu dovesti completare, da parte tua, al prezzo di ben tre deposizioni dalla tua sede e di venti anni d’esilio. La Croce non è mai vinta, ma al contrario maggiormente trionfa nel martirio dei fedeli e nelle prove pazientemente sopportate; ella sarà sempre vittoriosa, fino a quando apparirà sulle rovine di questo mondo, nell’ultimo giorno.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959