Bouquet spirituale:
18 luglio
Non crediamo che lo Spirito Santo, nel suo desiderio di elevare le anime nostre al disopra della terra, abbia soltanto disprezzo per i forti. Egli ha ricevuto la missione di guidare tutto l’uomo alla beata eternità, così come tutto l’uomo è sua creatura e suo tempio (I Cor. 6, 19, 20).
Nell’ordine della creazione materiale, il corpo dell’Uomo-Dio fu il suo capolavoro; e la divina compiacenza che trova in quel perfettissimo corpo del capo della nostra stirpe, ricade sui nostri di cui quello stesso corpo, formato da lui nel seno della purissima Vergine, è stato il modello in dall’inizio.
Nell’ordine della riabilitazione che seguì alla caduta, il corpo dell’Uomo-Dio formò il prezzo del riscatto per il mondo; ed è tale l’economia della salvezza, che la virtù del sangue redentore non giunge all’anima di ciascuno di noi se non passando attraverso i nostri corpi con i divini sacramenti, che si rivolgono tutti ai sensi per chiederne l’ingresso. Mirabile armonia della natura e della grazia, la quale fa sì che questa onori l’elemento materiale del nostro essere al punto da elevare l’anima con esso solo verso la luce e i cieli! Infatti, in questo imperscrutabile mistero della santificazione, i sensi non costituiscono solo il passaggio: essi stessi provano l’energia del sacramento, al pari delle facoltà superiori di cui costituiscono le vie; e l’anima santificata vede in da questo mondo l’umile compagno del suo pellegrinaggio associato a quella dignità della filiazione divina, di cui lo splendore dei nostri corpi dopo la risurrezione sarà la manifestazione.
Le cure prodigate ai malati. È la ragione che eleva alla divina nobiltà della santa carità le cure prodigate al prossimo nel corpo; poiché, ispirate da questo movente, esse formano l’ingresso per partecipare all’amore di cui il Padre circonda quelle membra, che sono per lui le membra di altrettanti figli diletti. Sono stato malato e mi avete visitato (Mt. 25, 36), dirà il Signore nell’ultimo giorno, mostrando così che, nelle stesse infermità della decadenza e dell’esilio, il corpo di coloro che egli chiama suoi fratelli (Ebr. 2, n-17) partecipa alla stessa dignità del Figlio unigenito generato nel seno del Padre prima dei tempi. Cosicché lo Spirito, incaricato di ricordare alla Chiesa le parole del Salvatore (Gv. 14, 26), non ha certo fatto in modo di dimenticarla; caduta sul buon terreno delle anime elette (Lc. 8, 8, 15), essa ha prodotto il centuplo in frutti di grazia e di eroica dedizione. Camillo de Lellis l’ha raccolta con amore; e per le sue cure il divino seme è diventato un albero gigantesco (Le. 13, 19). L’Ordine dei Chierici regolari Ministri degli infermi, o della Buona Morte merita la riconoscenza della terra; ha già da lungo tempo quella del cielo, e gli Angeli sono i suoi soci, come si è visto più d’una volta al capezzale dei moribondi.
Vita. Camillo de Lellis nacque a Bucchiano, nel regno di Napoli, nel 1550. Avendo abbracciato la carriera militare, si lasciò andare all’amore del mondo e alla passione del gioco. All’età di 25 anni, comprese sotto l’influsso d’una grazia speciale la vanità di una simile esistenza e risolvé di darsi a Dio. Entrò tra i Frati Minori, che lasciò presto per entrare nell’ospedale di San Giacomo degli Incurabili di Roma onde dedicarsi alla cura dei malati. Per trenta anni doveva essere il loro umile servitore, curarne le piaghe e aiutare i moribondi ad apparire davanti il tribunale di Dio. Divenuto sacerdote, volle fondare una Congregazione di Chierici regolari che si impegnassero per voto ad assistere i malati anche se colpiti dalla peste. Gregorio XIV l’approvò con una Bolla del 21 settembre 1591. Per essere più disposto a soccorrere tutte le miserie, egli si dimise dal governo del suo Ordine. La sua carità verso i malati non rifuggiva da alcuna miseria né da alcuna fatica; era dotato del dono dei miracoli, e scopriva i segreti dei cuori. Infine, consunto dalle fatiche, dai digiuni e dalla sofferenza, si addormentò nella pace del Signore il 14 luglio 1614. Fu beatificato da Benedetto XIV nel 1742, e Leone XIII lo proclamò nel 1886 patrono degli infermi e degli ospedali in tutto il mondo.
La passione per il gioco. Angelo della carità, quali vie sono mai state le tue sotto la guida del divino Spirito! Prima di apparire adorno del segno della Croce e di arruolare dei compagni sotto quel sacro segno, tu hai conosciuto la tirannia dell’odioso padrone il quale vuole soltanto degli schiavi sotto la sua bandiera, e la passione del gioco dovette perderti. O Camillo, al pensiero del pericolo allora corso, abbi pietà degli infelici dominati dalla imperiosa passione; strappali al funesto furore che getta in preda al capriccioso caso i loro beni, il loro onore, il loro riposo in questo mondo e nell’altro. La tua storia dimostra che non vi sono legami che la grazia non possa spezzare né abitudini inveterate che non possa trasformare: possano essi al pari di te rivolgere verso Dio le loro inclinazioni, e dimenticare per i casi della santa carità quelli che piacciono all’inferno! Anche la carità, infatti, ha i suoi rischi, i suoi gloriosi pericoli che giungono fino a esporre la propria vita come il Signore ha dato per noi la sua: gioco sublime, nel quale tu fosti maestro, e al quale più d’una volta gioirono gli Angeli. Ma che cos’è mai la posta di questa vita terrena in confronto del premio riservato al vincitore?
La carità per i malati. Secondo la raccomandazione del Vangelo che la Chiesa ci fa leggere oggi in tuo onore, fa’ che noi tutti possiamo sul tuo esempio amare i nostri fratelli come Cristo ha amato noi (Gv. 15, 12). Ben pochi dice sant’Agostino (Trattato 83 su san Giovanni) – hanno oggi questo amore che adempie tutta la legge; poiché pochi si amano affinché Dio sia tutto in tutti (I Cor. 15, 28). Tu l’hai avuto questo amore, o Camillo; e di preferenza l’hai esercitato nelle membra sofferenti del corpo mistico dell’uomo-Dio, in cui il Signore amava rivelarsi. Per questo, la Chiesa riconoscente ti ha scelto per vegliare, insieme con Giovanni di Dio, su quegli asili della sofferenza che essa ha fondati con le cure che solo una madre sa prodigare per I suoi figli malati. Fa’onore alla sua fiducia. Proteggi le Case della Provvidenza contro l’iniziativa di una completa laicizzazione che pensa solo a guarire i corpi, e manda le anime in perdizione. Per soddisfare alle nostre crescenti miserie, moltiplica i tuoi figli; fa’ che essi siano sempre degni di essere assistiti dagli Angeli. E in qualunque luogo in questa valle d’esilio venga a suonare per noi l’ora dell’ultima battaglia, tu abbia a usare il prezioso privilegio che la Liturgia oggi esalta aiutandoci con lo Spirito della santa dilezione a vincere il nemico e a cogliere la celeste corona (Colletta del giorno).
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959