Bouquet spirituale:
14 ottobre
Dignità del Sacerdozio. È opportuno che la festa dei Papi, dei Vescovi, dei Sacerdoti ravvivi in noi il senso della dottrina, affinché possiamo avere più grande rispetto per coloro che Dio ha preposti perché siano nostra guida e possiamo vedere nel loro sacerdozio il sacerdozio stesso di Cristo, che in mezzo a noi essi rappresentano. Il testo di san Paolo, che una volta leggevamo alla Messa di oggi, ci ricorda proprio quella dottrina. Ne diamo il commento.
“Ogni mediatore o pontefice, dice san Paolo, è preso in mezzo agli uomini: è il suo ufficio che esige questo. Però non e separato dalla massa se non nella misura che l’interesse di tutti lo esige e in nome dell’incarico ricevuto. È assegnato alla sua missione, elevato sopra la massa degli uomini, ma senza cessare di appartenere ad essa.
In realtà non è né sottratto, né rapito e di questa imposta prelevata da Dio sulla razza umana, la razza umana per prima viene a beneficiare. Il grande sacerdote è l’uomo di Dio. I tempi, l’inettitudine, la povertà, mille cause meschine impediscono spesso agli uomini di riconoscere pienamente come vorrebbero e dovrebbero il beneficio dell’esistenza, della conservazione di essa, della Provvidenza, del perdono, perché bisogna guadagnarsi il pane e non si ha sempre la comodità di pregare. Dio non ci ha chiesto tutta la vita, ma solo un giorno su sette e così non ha chiesto tutta l’umanità, pure essendo tutta sua, ma si è riservato il sacerdote, che è costituito presso Dio, in nome degli uomini, in tutte le cose che riguardano il culto di Dio. Il sacerdote è preso fra gli uomini e è costituito per gli uomini presso Dio. È pertanto suo ufficio presentare a Dio offerte e oblazioni non cruente e sacrifici per il peccato o in rendimento di grazie o in espiazione, perché il pontefice esiste prima di tutto per il sacrificio. Egli è poi mediatore, mediatore liturgico, e per questo egli propizia e adora, per questo espia, ottiene, santifica.
Scelto non fra gli Angeli, ma fra gli uomini, porta nella persona e nella natura, nella fraternità che ha con tutti, un titolo vivente a compatire l’ignoranza e l’errore; ha in sé il motivo di simpatizzare con coloro che non sanno che vi è qualche cosa da fare, con coloro che fanno altre cose invece di quella che sarebbe necessario fare. La coscienza che egli ha di se stesso e della sua debolezza gli ispira condiscendenza e compassione” (Dom Delatte, Epistole di san Paolo, 2, 339).
Fu così il capo che Dio diede alla Chiesa all’inizio del secolo III e le sue decisioni, aumentando il prestigio e le prerogative della Chiesa e dei vescovi, mostrarono la carità, l’indulgenza, la larghezza di vedute del Papa di fronte ai fedeli. Essi non lo dimenticarono e venerarono Callisto come santo e come martire e, tra san Clemente e san Ponziano, fu il solo vescovo di Roma onorato con un solenne anniversario.
Vita. San Callisto governò la Chiesa tra il 217 (218) e il 222 (223) e la sua vita ci è nota soltanto attraverso il suo avversario sant’Ippolito. Secondo Ippolito, Callisto nacque a Roma schiavo di un cristiano. Banchiere al servizio del padrone, coraggioso e intraprendente come sempre, fece bancarotta e fu per questo ancora condannato alla mola. Poco dopo, per aver disturbata una riunione alla sinagoga, fu denunciato al prefetto della città e condannato alle miniere in Sardegna. Riuscito a tornare con altri cristiani graziati, diventò diacono di Papa Zeffirino con l’incarico del cimitero, che prese poi il suo nome. Alla morte di Zeffrino gli succedette, ma Ippolito, che gli rimproverava delle innovazioni disciplinari, fece scisma. Morì il 14 ottobre del 222 (223) in Trastevere, assassinato, si pensa, dai Giudei, ma la cosa non è affatto certa ed è probabile che non sia martire.
Dal punto di vista dogmatico, Callisto, fedele all’insegnamento tradizionale della Chiesa, condannò il Sabellianismo. In materia disciplinare, dichiarò per primo che la Chiesa aveva diritto di perdonare i peccati gravissimi che l’uso del tempo considerava riservati a Dio; permise alle donne cristiane di alto rango di sposare uomini di condizione inferiore, cosa che la legge romana proibiva.
Schiavo e Papa. Lo Spirito Santo, che custodisce la Chiesa, ti preparò come un aiuto di eccezione nella sofferenza e nelle umiliazioni. Nascesti schiavo, e giovane ancora, fosti un forzato nelle miniere di Sardegna, per amore del Signore. Servo della pena, come diceva l’antica Roma, non eri però più servo del tuo antico padrone e, liberato dalle miniere all’ora segnata da Colui che guida gli avvenimenti con la sua provvidenza, il titolo di Confessore ti nobilitò per sempre e ti raccomandò all’attenzione materna della Chiesa.
Tali apparvero allora i tuoi meriti e le tue virtù che Zeffirino, iniziando il più lungo pontificato dell’era dei martiri, ti scelse come consigliere, appoggio, supplente nella sua vecchiaia, in attesa che, sufficientemente preparato dall’esperienza di diciotto anni, la Chiesa ti eleggesse a tua volta supremo pastore.
Come la lasci grande oggi la nobile Sposa del Figlio di Dio! Tutta la nobiltà dei tempi antichi, tutti i valori morali, tutto lo slancio intellettuale dell’umanità è ormai concentrato in lei. Dove sono i disprezzi di un tempo, le calunnie del passato? Il mondo ormai non ignora più che ha davanti la Regina dell’avvenire e le atrocità delle persecuzioni, che lo Stato pagano ancora le riserva, verrà proprio dalla convinzione che per esso si tratta di una lotta disperate per l’esistenza. Per questo ora esita e pare essere disposto a transigere con i cristiani.
L’azione del Papa.
Tu fosti l’iniziatore di vie nuove, piene di pericoli e di grandezze che la Chiesa tentava. Dall’assoluto e brutale Non licet esse vos (non vi e permesso di esistere) dei giuristi carnefici, per primo, sapesti condurre l’impero a riconoscere in qualche modo ufficialmente i diritti della comunità cristiana: la proprietà della tomba, la facoltà di riunirsi, di fondare associazioni per onorare i morti. Trattando con Cesare, non hai ceduto alcuno dei diritti di Dio, ma hai affermato, come nessuno ancora l’aveva fatto, l’indipendenza della Chiesa sulla questione del matrimonio, sottratto da Cristo Re alla giurisdizione del potere civile.
Altra preoccupazione vi è per te, perché in seno alla Chiesa l’ardore delle lotte dottrinali è al massimo e si e portato sul primo dei nostri misteri. Sabellio, condannato per l’audacia nel dichiarare incompatibile con l’unità di Dio la reale distinzione delle persone nella Santa Trinità, lascia il campo libero alla scuola che separa le auguste persone a rischio di moltiplicare Dio. E c’è ancora Montano i cui discepoli, nemici delle teorie di Sabellio, contano sul favore della Santa Sede per il loro sistema di falsa mistica e di esagerata riforma, ma, come pilota sperimentato, che evita gli scogli, dirigesti la barca di Pietro ai suoi immortali destini, con mano ferma della sicurezza dello Spirito Santo stesso, tra le sottigliezze dei dogmatizzanti, le pretese dei rigoristi e le utopie dei politici. Sii dunque per sempre glorificato, benedici in noi dei discepoli e dei figli, conservaci sempre fedelmente attaccati alla fede della Chiesa romana, che sola ha promesse di vita eterna.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959