Bouquet spirituale:
20 maggio
Bernardino nacque presso Siena, nel 1380. Passò tutta la sua giovinezza nella più grande pietà ed in perfetta innocenza, unita alla dedizione verso i poveri ed i malati. Nel 1402 entrò tra i Frati Minori. Due anni dopo fu consacrato sacerdote ed iniziò una lunga serie di predicazioni che doveva fargli percorrere l’Italia. Grazie al nome di Gesù, con l’esempio della sua pietà, della sua virtù, con la potenza dei suoi miracoli, convertì molte anime, pervenne a calmare le discordie civili, e si può considerarlo come un precursore della riforma, compiuta più tardi dai concili del Laterano e di Trento. Morì all’Aquila il 20 Maggio 1444 e fu canonizzato sei anni dopo dal Papa Nicolò V.
Il santo Nome di Gesù. In un’altra epoca dell’anno liturgico, quando portavamo il nostro omaggio e i nostri voti presso la culla del celeste Bambino, un giorno fu consacrato a celebrare la gloria ed a gustare la dolcezza del suo nome. La santa Chiesa trasaliva di felicità, pronunciandolo: nome scelto da tutta l’eternità dal suo divino Sposo; ed il genere umano respirava a suo agio, pensando che il grande Dio che poteva dirsi il Giusto e il Vendicatore, consentiva invece a chiamarsi, d’ora in poi, il Salvatore. Bernardino da Siena, che oggi festeggiamo, ci apparve allora portando nelle mani ed innalzando agli sguardi degli uomini, questo nome benedetto circondato di raggi. Egli invitava tutta la terra a venerare con amore e fiducia questo sacro appellativo, sotto il quale si rivela divinamente tutta l’economia della nostra salvezza. La Chiesa sempre sensibile accettava questo segno: incoraggiava i fedeli a ricevere dalle mani dell’uomo di Dio uno scudo così potente contro i dardi dello spirito delle tenebre; a gustare, soprattutto, un nome che c’insegna fino a quale eccesso Dio ha amato il mondo; e quando il santo nome di Gesù ebbe finalmente conquistato, con la sua adorabile bellezza, tutti i cuori dei cristiani, essa gli consacrava una delle solennità del Tempo di Natale. Oggi, il nobile figlio di san Francesco è apparso tra noi e le sue mani tengono ancora la gloriosa effige del sacro nome. Ma non è più l’appellativo profetico di quel Bambino neonato, il nome che la vergine madre sussurrava con tenerezza e rispetto, chinata sulla sua culla» ma è un nome che risuona più forte del tuono, è il trofeo della più sfolgorante delle vittorie, è l’adempimento completo delle profezie. Il nome di Gesù prometteva un Salvatore al genere umano; e Gesù lo ha salvato morendo e risuscitando per esso: ora è Gesù in tutta la pienezza del suo nome. Percorrete la terra e diteci in quale luogo questo nome non è conosciuto; diteci pure quale altro nome ha mai riunito gli uomini in una sola famiglia.
I Principi della Sinagoga hanno voluto arrestare lo slancio di questo nome vittorioso, soffocarlo entro Gerusalemme; hanno detto agli Apostoli: «Noi vi proibiamo rigorosamente d’insegnare in codesto nome» (Atti 5, 28); ed è per risponder loro che Pietro pronunciò quella sentenza così forte che riassume tutta l’energia della santa Chiesa: «Val meglio ubbidire a Dio che agli uomini». Tanto avrebbe valso l’arrestare il sole nel suo corso; e quando ben presto la potenza romana si credette in dovere di ostacolare, con i suoi editti la marcia trionfale di questo nome, davanti al quale si piega ogni ginocchio, si vide ridotta all’impotenza. Dopo tre secoli, il nome di Gesù si librava sopra tutto il mondo romano.
Predicatore del nome di Gesù. Armato di quel sacro segno. Bernardino nel xv secolo percorse le città d’Italia, armate le une contro le altre, e spesso anche divise da lotte interne. Il nome di Gesù, tra le sue mani, diveniva l’arcobaleno della pace: ogni ginocchio si piegava, ogni cuore ulcerato o vendicativo si calmava, ogni peccatore, in tutti quei luoghi ove Bernardino aveva inalberato questo simbolo potente, accorreva alla sorgente del perdono. Le tre lettere che rappresentano questo nome sempre benedetto, divenivano familiari a tutti i fedeli; si scolpivano, si stampavano, si dipingevano da per tutto; e la cattolicità acquistava per sempre un’espressione nuova della sua religione e del suo amore verso il Salvatore degli uomini.
Predicatore ispirato. Bernardino ha lasciato numerosi scritti che rivelano in lui una dottrina di prim’ordine nella scienza di Dio. Ci piacerebbe, se lo spazio ce lo permettesse, di lasciarlo esporre, qui, gli splendori dei misteri della Pasqua; lo facciamo almeno trascrivendo i suoi sentimenti sull’apparizione del Salvatore risorto alla sua santissima Madre. Il lettore cattolico costaterà con gioia come, su questo punto così importante, regni l’unità di dottrina tra la scuola francescana, rappresentata da San Bernardino, e quella domenicana, di cui noi abbiamo riportato la testimonianza nel giorno della festa di san Vincenzo Ferreri.
L’apparizione di Gesù a Maria. «Anche se la storia evangelica non dà alcun dettaglio sulla visita che Cristo fece alla Madre sua per consolarla, dopo la Risurrezione, non si può concluderne che Gesù misericordiosissimo, sorgente di tutte le grazie e di tutte le consolazioni, così premuroso a rallegrare i suoi con la sua presenza, avrebbe dimenticato la mamma, che sapeva essere stata trafitta dall’amarezza della Passione. Ma è piaciuto alla Provvidenza di Dio di non manifestarci questo particolare, nel testo del Vangelo; e ciò per tre ragioni: in primo luogo, a causa della saldezza della fede di Maria. La certezza che aveva la Vergine Madre nella Risurrezione del suo figliuolo, non fu scossa per nulla, neppure dal dubbio più lieve. Lo si crederà facilmente, se si vorrà riflettere alla grazia particolarissima di cui fu ripiena la madre del Cristo-Dio, la regina degli Angeli, la padrona dell’universo. Il silenzio della Scrittura, a questo riguardo, ne dice più della stessa affermazione, fatta anche ad anime profondamente illuminate. Noi abbiamo imparato a conoscere Maria al momento della visita dell’angelo, quando lo Spirito Santo la coprì con la sua ombra; l’abbiamo poi ritrovata ai piedi della croce, madre dolorosa ritta presso il suo figliolo morente. Se dunque l’Apostolo ha potuto dire: «siccome siete partecipi nei patimenti, lo sarete pure nella consolazione» (II Cor. 1, 7), calcolate, sotto questo rapporto, la misura secondo la quale la Vergine-Madre dovette essere associata alle gioie della Risurrezione. Si deve dunque tener per certo che il suo dolcissimo figliolo risorto, l’abbia consolata prima di tutti gli altri. É ciò che la santa Chiesa Romana sembra voler esprimere celebrando a Santa Maria Maggiore la Stazione del giorno di Pasqua. Altrimenti, se dal fatto che gli Evangelisti non ne scrivono niente, voleste concludere che il suo figliolo risuscitato non le è apparso per prima, bisognerebbe finir col dire che non si è mostrato a lei affatto, poiché gli stessi Evangelisti, nelle diverse apparizioni che ci riferiscono, non ne segnalano neppure una sola che la riguardi. Una tale conclusione avrebbe qualcosa di empio.
«In secondo luogo, il silenzio del Vangelo si spiega con l’infedeltà degli uomini. Lo scopo dello Spirito Santo, nel dettare i Vangeli, era di descrivere quelle apparizioni che potevano togliere ogni dubbio agli uomini, ancora soggetti alla carne, sulla veridicità della fede nella Risurrezione del Cristo. Il fatto di essere sua madre , avrebbe diminuito, ai loro occhi, la testimonianza di Maria; ed è per questo motivo che non vi è stata aggiunta, per quanto non si potesse sicuramente trovare, tra gli esseri nati o da nascere, – eccettuandone l’umanità di suo figlio, – alcuna creatura, la cui asserzione meritasse più della sua di venire ammessa da ogni anima veramente pia. Ma bisognava che il testo evangelico non producesse che testimonianze di tale natura da venire presentata a tutto il mondo. Quanto all’apparizione di Gesù alla madre sua, lo Spirito Santo l’ha lasciata intendere a quelli che sono illuminati dalla sua luce.
«In terzo luogo, questo silenzio si spiega con la stessa sublimità dell’apparizione. Dopo la Risurrezione, i Vangeli non dicono più niente sulla madre di Cristo, per il motivo che le manifestazioni di tenerezza col suo figliolo furono, d’ora in avanti, talmente sublimi, talmente ineffabili, che non vi sarebbero parole per esprimerle. Vi sono due generi di visioni: l’una unicamente corporale e, in proporzione, più debole; l’altra che risiede principalmente nell’anima e che non conviene che a quelle già trasformate. Ammettete, se volete, che la Maddalena abbia avuto prima degli altri la visione puramente corporale, a patto che riconosciate che la Vergine ha veduto in antecedenza, ed in una maniera ben diversamente sublime, il suo figliolo risorto, che lo ha riconosciuto, che ha subito goduto del suo dolcissimo amplesso, nella sua anima, più ancora che nella sua persona».
Gloria del Nome di Gesù.
Quanto sono belli, o Bernardino, i raggi che formano l’aureola del nome di Gesù! Come è dolce la luce loro, nel momento in cui il Figlio di Dio riceve questo nome salvifico, l’ottavo giorno dopo la sua nascita! Ma quale occhio mortale ne potrebbe sopportare lo splendore, quando Gesù compie la nostra salvezza, non più nell’umiltà e nella sofferenza, ma nel trionfo della sua Risurrezione? È in mezzo alle meraviglie pasquali del nome di Gesù, che tu ci appari, o Bernardino! Quel nome che hai amato e glorificato, ti associa ormai alla vittoria. Adesso, dunque, riversa sopra di noi, anche più abbondantemente di quanto facesti già sulla terra, i tesori d’amore, di ammirazione e di speranza di cui è sorgente questo nome divino, e purifica gli occhi dell’anima nostra, affinché un giorno ci sia dato di contemplare con te la sua magnificenza.
Preghiera.
Illustre figlio del grande patriarca di Assisi, l’ordine serafico ti venera come una delle sue colonne principali. Tu ravvivasti nel suo seno la primitiva osservanza; continua dall’alto del cielo a proteggere l’opera cominciata quaggiù. La famiglia di san Francesco è uno dei sostegni più saldi della santa Chiesa! rendila sempre fiorente, sostenila nella tempesta, moltiplicala in proporzione dei bisogni del popolo fedele! poiché sei il secondo padre di questa famiglia sacra, e le tue preghiere sono potenti presso quel Redentore, di cui confessasti il glorioso nome sulla terra.
Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959