Vite dei Santi
i nostri modelli e protettori

Bouquet spirituale:

16 luglio

Nostra Signora del Monte Carmelo, O.D.M. pinxit
Beata Vergine Maria del Monte Carmelo
O.D.M. pinxit

Nostra Signora
del Monte Carmelo
(1251)

Il matite Carmelo. Coloro che hanno avuto la fortuna di compiere il pellegrinaggio ai Luoghi Santi della Palestina, non dimenticheranno mai la visita al Monte Carmelo. Questa montagna, che domina di 170 mt. la città di Caifa e il Mediterraneo, è una delle più belle della Palestina, o almeno una delle più celebri, la cui incantevole posizione ha suscitato l’entusiasmo dell’Oriente e ispirato molti paragoni poetici della Scrittura.

Quando lo Sposo del Cantico dei Cantici vuole esprimere la bellezza della sua Sposa, non crede di poterla celebrare meglio se non dicendo che il suo capo è bello come il Carmelo: «Caput tuum ut Carmelus». Quando Isaia vuole rappresentarci lo splendore e la maestà del futuro Messia, ce lo dipinge circondato dalla gloria del Libano e rivestito di tutte le bellezze del Carmelo: «Gloria Libani data est et, decor Carmeli et Saron». Di questo monte egli vuole ancora mostrarci la più alta stima quando aggiunge che la giustizia abiterà nella solitudine e che la santità regnerà sul Carmelo: «Habitabit in solitudine judicium, et iustitia in Carmelo sedebit». Inine Dio stesso per bocca d’un altro Profeta mette il colmo all’elogio chiamando il Carmelo sua terra e sua eredità: «Terram meam, hereditatem meam», e a Gerusalemme egli fa questa promessa: «Nel giorno del mio amore, ti ho introdotta dall’Egitto nella terra del Carmelo», come se quel solo nome riassumesse ai suoi occhi tutti I beni di cui vuole arricchire il suo popolo, cioè la Chiesa e ciascuna delle anime nostre.

Il monte mariano. Ma ciò che innalza ancor più la gloria di questa montagna è, insieme con il soggiorno che vi fece Elia e con la vittoria che egli vi riportò sui profeti di Baal, la celebre visione che ci viene descritta nel I Libro dei Re. Da lungo tempo la siccità desolava la terra d’Israele. Commosso dalle sofferenze del popolo, «Elia salì sulla vetta del Carmelo e, chinandosi verso terra, si mise il volto fra le ginocchia e disse al suo servo: Sali, e guarda dalla parte del mare. Il servo salì, e dopo aver guardato disse: Non vedo nulla. Ed Elia disse: Fallo per sette volte. La settima volta egli disse: Ecco che si leva dal mare una piccola nube, grande come la palma d’una mano d’uomo». E in poco tempo si oscurò il cielo, si levò il vento, e cadde una forte pioggia (18, 42-45).

Tutti gli esegeti e i mistici hanno voluto vedere in quella «piccola nube, nubecula parvula » un’immagine profetica della Vergine Maria che, con l’Incarnazione, diede la vita e la fecondità al mondo. Il primo Responsorio del Mattutino per la festa dei santi del Carmelo dice anche esplicitamente: «Elia pregava sulla vetta del Carmelo, e sotto il simbolo d’ una piccolissima nube, gli apparve l’insigne Vergine. Coloro a cui Elia si rivela in tal modo l’ameranno a causa di tutte le meraviglie che scoprirà loro questa visione». Difatti, la Chiesa ha approvato questa interpretazione aggiungendo ai gloriosi titoli della SS. Vergine quello di Madonna del Monte Carmelo, e, in questo giorno, rivolge anche a tutti noi l’invito del profeta: «Sali e guarda».

L’Ordine del Carmelo. Le Tradizioni dell’Ordine del Carmelo riferiscono che i solitari i quali vissero sul sacro monte, anche prima del cristianesimo, dedicarono un vero culto a colei che doveva generare il Messia. Ci assicurano che nel giorno della Pentecoste molti di essi ricevettero lo Spirito Santo, che avendo avuto in seguito il modo di gustare le conversazioni e la familiarità della Beata Vergine, le portarono una venerazione e un amore del tutto speciali, e infine che ebbero la gioia di dedicarle la prima cappella costruita in suo onore, nel punto stesso in cui Elia l’aveva vista un giorno sotto il simbolo della piccola nube.

È dunque in dalla nascita che il Carmelo si è rivolto verso la SS. Vergine, e il vecchio libro intitolato «l’Istituzione dei primi monaci», anche attraverso inesattezze storiche, ci mostra l’Ordine dominato dalle due grandi figure che incarnano il suo ideale, ciascuna al suo posto: Elia e la Vergine Maria. Maria è per essi la pienezza raggiante della vita contemplativa, il modello del perfetto servizio reso al Signore e della completa sottomissione ai suoi voleri. Ed è appunto per affermare la loro devozione riguardo alla Vergine che i carmelitani vogliono essere chiamati i «Fratelli della Vergine».

Lo scapolare. Fu appunto Lei che, verso la metà del XVI secolo, diede a san Simone Stock, priore generale dell’Ordine dei Carmelitani, il santo scapolare come pegno del suo amore e della sua protezione per tutti coloro che ne fossero stati rivestiti.Volle pure assicurarlo che «chiunque fosse morto con quell’abito non avrebbe sofferto le fiamme eterne». E, nel secolo seguente, Ella si degnava mostrarsi a Giacomo Euze, il futuro Giovanni XXII, per annunciargli la sua prossima elevazione al Sommo Pontificato e chiedergli di promulgare il privilegio di una pronta liberazione dal purgatorio, che aveva ottenuta dal suo divino Figliolo per i figli del Carmelo: «Io, loro Madre – gli diceva – discenderò a essi per grazia il Sabato seguente alla loro morte, e tutti quelli che troverò nel purgatorio li libererò e li condurrò al monte della vita eterna».

L’autorità dei Sommi Pontefici rese presto tali ricchezze spirituali accessibili a tutti i fedeli con l’Istituzione della Confraternita del Santo Scapolare che fa entrare i suoi membri a partecipare ai meriti e ai privilegi di tutto l’Ordine dei Carmelitani. Vi sono senza dubbio pochi buoni cristiani al giorno d’oggi che non siano rivestiti di questo scapolare o che non portino la medaglia detta del «Monte Carmelo», e appunto per questo la festa odierna non è soltanto quella di un’insigne famiglia religiosa, ma anche quella di tutta la Chiesa cattolica, poiché essa è interamente debitrice alla Vergine del Carmelo di innumerevoli benefici e di una continua protezione.

La mistica nube. Regina del Carmelo, gradisci i voti della Chiesa della terra che oggi ti dedica i suoi canti. Quando il mondo gemeva nell’angoscia di un’attesa senza fine, tu eri già la sua speranza. Ancora incapace di penetrare le tue grandezze, esso si compiaceva tuttavia, sotto quell regno delle figure, di prepararti i più sublimi simboli; la gratitudine anticipata soccorreva in esso l’ammirazione per formarvi come un’aureola sovrumana di tutte le nozioni di bellezza, di forza e di grazia che gli suggeriva la vista dei luoghi più incantevoli, delle pianure in fiore, delle cime boscose, delle feconde valli e soprattutto di quell Carmelo il cui nome significa giardino di Dio. Sulla vetta i nostri padri, i quali sapevano che la Sapienza ha il suo trono nella nube (Eccli. 24, 7), affrettarono con i loro ardenti desideri l’arrivo del segno salvatore (ibid. 43, 24); è qui che alle loro preghiere fu finalmente concesso ciò che la Scrittura chiama la scienza perfetta, ciò che essa designa come la conoscenza delle grandi strade delle nubi (Giob. 37, 16). E quando Colui che fa il suo carro (Sai. 103, 3) e il suo palazzo (1 Re 8, 12) dell’oscurità della nube, si fu manifestato mediante essa in avvenire meno distante all’occhio esperto del padre dei Profeti, si videro i più santi personaggi dell’umanità riunirsi in una eletta schiera nelle solitudine del monte benedetto, come un giorno Israele nel deserto, per osservare i minimi movimenti della nube misteriosa (Num. 9, 15-23), e ricevere da essa la loro unica direzione nei sentieri di questa vita, la loro unica luce nella lunga notte dell’attesa (Sal. 104, 39).

O Maria, che in d’allora presiedevi così alle vigilie dell’esercito del Signore, che non mancasti loro nemmeno per un giorno (Es. 13, 22): da quando nella pienezza della verità Dio è disceso per tuo mezzo (ibid. 34, 5), non è più soltanto il paese della Giudea, ma tutta la terra, che tu copri come una nube che effonde l’abbondanza e le benedizioni (Eccli. 24, 6). I figli dei Profeti ne fecero la felice esperienza quando, divenuta infedele la terra delle promesse, dovettero pensare un giorno a trapiantare sotto altri cieli i loro costumi e le loro tradizioni; costatarono allora che perino nel nostro Occidente la nube del Carmelo aveva versato la sua rugiada fecondatrice, e che dovunque avevano acquistato la sua protezione. Questa festa, o Madre divina, è l’autentico monumento della loro gratitudine, accresciuta ancora dai nuovi benefici con i quali la tua munificenza accompagnò quell’altro esodo degli ultimi resti d’Israele. E noi, figli della vecchia Europa, facciamo giustamente eco all’espressione della loro santa letizia; poiché, da quando le loro tende si sono posate attorno ai colli dove su Pietro é costruita la nuova Sion, la nube ha lasciato cadere da ogni parte piogge più che mai preziose (Ez. 34, 26), ricacciando nell’abisso le fiamme eterne e spegnendo i fuochi della dimora dell’espiazione.

Preghiera per l’Ordine del Carmelo.

Mentre dunque noi uniamo la nostra gratitudine alla loro, degnati o Madre della divina grazia, di assolvere verso di essi il debito della nostra gratitudine. Proteggili sempre. Custodiscili nei nostri infelici tempi. Che non solo il vecchio tronco conservi la vita nelle sue profonde radici, ma che anche i suoi venerabili rami salutino senza posa l’accedere di nuove branche che portino come i loro antenati, o Maria, i fiori e i frutti che piacciono a te. Mantieni nel cuore dei figli lo spirito di raccoglimento e di divina contemplazione che fu quello dei loro padri all’ombra della nube; fa’ che anche le loro sorelle restino fedeli alle tradizioni di tante nobili anime che le precedettero, sotto tutti i cieli dove lo Spirito le ha moltiplicate per scongiurare l’uragano e attirare le benedizioni che discendono dalla nube misteriosa. Possano gli austeri profumi della sacra montagna continuare a purificare intorno a essa l’aria corrotta da tanti miasmi; possa il Carmelo offrire sempre allo Sposo quelle anime virginee, quei cuori così puri, quei fiori così belli di cui Egli si compiace circondarsi nel giardino di Dio.

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959