Vite dei Santi
i nostri modelli e protettori

Bouquet spirituale:

24 giugno

San Giovanni Battista, O.D.M. pinxit
San Giovanni Battista
O.D.M. pinxit

Natività’ di
San Giovanni Battista

Il Messia nascosto. «Voce di colui che grida nel deserto: Preparate le vie del Signore; ecco il vostro Dio» (Is. 40, 3, 9)! Oh, chi, nel nostro arido secolo, comprenderà l’esultanza della terra a questo annuncio per tanto tempo atteso? Il Dio promesso non è ancora manifestato; ma già i cieli si sono umiliati (Sai. 17, 10), per lasciargli libero il passaggio. Sotto il velo di umiltà, in cui come prima della sua nascita, deve continuare a velare agli uomini la sua divinità, chi scoprirà l’Emmanuele? Chi soprattutto, avendolo riconosciuto nelle sue misericordiose umiliazioni, saprà farlo accettare da un mondo folle di orgoglio, e potrà dire, mostrando nella folla il figlio del falegname (Mt. 13, 55): Ecco colui che i vostri padri aspettavano!

Questo infatti é l’ordine stabilito dall’alto per la manifestazione del Messia: il Dio fatto uomo non si intrometterà da se stesso negli atti della vita pubblica; aspetterà, per inaugurare il suo divino ministero, che un membro di quella stirpe divenuta la sua, un uomo venuto prima di lui e dotato a tal fine di sufficiente credito, lo presenti al suo popolo.

Convenienza di un precursore. Missione sublime, che farà d’una creatura il garante di Dio, il testimone del Verbo! La grandezza di colui che deve riempirlo era indicata, come quella del Messia, molto tempo prima della sua nascita. Non già che, per illuminare i suoi passi. Cristo avesse bisogno d’un aiuto estraneo; ma tanti falsi splendori avevano ingannato l’umanità, durante la notte dei secoli di attesa, che la vera luce, sorgendo d’improvviso, non sarebbe stata compresa, o non avrebbe fatto che accecare degli occhi resi impotenti dalle tenebre precedenti a sopportare il suo splendore. L’eterna Sapienza aveva dunque stabilito che, come l’astro del giorno è annunciato dalla stella del mattino, così Cristo luce sarebbe stato preceduto quaggiù da un astro precursore, e segnalato dall’irradiamento di cui egli stesso avrebbe rivestito quel fedele messaggero della sua venuta. Quando un tempo l’Altissimo si degnava di schiarire l’avvenire per i suoi profeti, il lampo che, ad intermittenza, solcava così il cielo dell’antica alleanza, si spegneva nella notte, senza portare il giorno; ma l’astro cantato nel salmo non conoscerà la sconfitta: non essendo di per sé, come ogni creatura, che nulla e tenebre, rifletterà così da vicino lo splendore del Messia, che parecchi lo prenderanno per Cristo stesso (Le. 3, 15).

L’annuncio profetico. La misteriosa conformità di Cristo e del suo Precursore, gl’incomparabili accostamenti che li unisce, sono notati in molti punti dei Libri sacri. Se Cristo è Verbo, la parola eterna del Padre, lui sarà la Voce che porterà tale parola dove deve giungere. Cristo è Vangelo dell’alleanza; ma nello stesso testo in cui lo Spirito Santo gli dà un appellativo così pieno per noi di speranza, pare che porti anche quel nome d’angelo il fedele ambasciatore a cui la terra sarà debitrice di conoscere lo Sposo: « Ecco che io mando il mio angelo che preparerà il cammino davanti a me, e presto verrà nel suo tempio il dominatore che cercate, l’angelo dell’alleanza che desiderate; ecco che egli viene, dice il Signore degli eserciti » (Mal. 3, 1). E ponendo fine al ministero profetico di cui è l’ultimo rappresentante, Malachia termina i suoi stessi oracoli con le parole che abbiamo intese rivolgere da Gabriele a Zaccaria, per annunciargli la prossima nascita del Precursore (ibid. 4, 5, 6).

L’annuncio angelico. La presenza di Gabriele in questa occasione, mostrava essa pure come il bambino allora promesso sarebbe stato l’intimo del Figlio di Dio; poiché lo stesso principe delle milizie celesti sarebbe presto venuto ad annunciare l’Emmanuele. Molti tuttavia sono i messaggeri fedeli ai piedi del trono della SS. Trinità, e la scelta di quegli augusti legati varia, di solito, secondo l’importanza delle istruzioni che l’Altissimo trasmette per loro mezzo al mondo. Ma era conveniente che l’arcangelo incaricato di concludere le sacre nozze del Verbo con l’umanità, preludesse a quella grande missione preparando la venuta di colui che gli eterni decreti avevano designato come l’Amico dello Sposo (Gv. 3, 29). Sei mesi dopo, inviato a Maria, egli recava il suo divino messaggio rivelando alla Vergine purissima il prodigio che, fin da allora, dava un figlio alla sterile Elisabetta: primo passo dell’Onnipotente verso un miracolo ancora più sublime. Giovanni non è ancora nato: ma senza tardare oltre, la sua missione è aperta; egli attesta la verità delle promesse dell’angelo. Quale ineffabile garanzia è quella di questo bambino, ancora nascosto nel seno della madre, e già testimone di Dio nel Sublime commercio che tiene sospesa la terra e il cielo! Illuminata dall’alto, Maria riceve la testimonianza e non esita più: «Ecco la serva del Signore, dice all’Arcangelo; sia fatto di me secondo la tua parola» (Lc. 1, 38).

La santificazione del Precursore. Gabriele si è ritirato, portando con sé il segreto divino che non dovrà comunicare al resto del mondo. La Vergine prudentissima non parlerà nemmeno essa; lo stesso Giuseppe, suo virgineo sposo, non riceverà comunicazione del mistero. Non abbiamo tuttavia timore! C’è qualcuno per cui l’Emmanuele non avrà né segreti né ritardi; ed egli saprà rivelare il prodigio. Il Verbo ha appena preso possesso del santuario immacolato in cui doveva passare i nove primi mesi della sua dimora fra gli uomini, che la Vergine illuminata interiormente del desiderio del suo Figliolo, si reca con tutta sollecitudine verso i monti della Giudea (Le, 1, 39). All’amico dello Sposo la sua prima visita, a Giovanni l’inizio delle sue grazie. Una festa a parte ci permetterà di onorare in modo speciale il giorno prezioso in cui il Dio Bambino, santificando il suo Precursore, si rivela a Giovanni attraverso la voce di Maria; in cui la Vergine, manifestata da Giovanni che trasalisce nel seno della madre, proclama finalmente le grandi cose che l’Onnipotente ha operate in lei secondo la misericordiosa promessa che fece un tempo ai padri nostri, ad Abramo e alla sua posterità per tutti i secoli (Lc. 1, 55).

La nascita del Precursore. Ma è giunto il tempo in cui la notizia dei figli e delle madri si deve spargere ai paesi d’intorno, in attesa che giunga al mondo intero. Giovanni sta per nascere e, non potendo ancora parlare, scioglierà la lingua del padre. Farà cessare il mutismo da cui il vecchio sacerdote, immagine dell’antica legge, era stato colpito dall’angelo; e Zaccaria, ripieno dello Spirito Santo, renderà manifesta con un nuovo cantico la visita benedetta del Signore Dio d’Israele (Lc. 1, 68).

La pietà antica. Tutto ci mostra in questa festa una delle solennità più care alla Sposa. Che avverrebbe mai se, risalendo verso i tempi più felici, ci fosse concesso di prendere parte alle antiche manifestazioni del sentimento cattolico in questo giorno? Nei grandi secoli in cui la pietà dei popoli seguiva docilmente le ispirazioni della Chiesa, lo spettacolo delle dimostrazioni, suggerite alla fede di tutti dal ritorno di cari anniversari, manteneva in ognuno la comprensione dell’opera divina e delle grandi armonie che l’antico Ciclo sapeva rendere. Oggi che lo spirito liturgico è diminuito per molti, non si riscontra più il movimento veramente cattolico che imprimeva alle folle, e l’assenza di un sicuro orientamento si fa risentire nella devozione di un gran numero di persone: disorientata, non più capace di puntare sui fari luminosi che la Chiesa aveva disposti ad ogni mutamento di rotta, essa appare talvolta più sensibile al vento delle novità che alla tradizionale ispirazione dello Spirito Santo; è priva di quel particolare senso che i più piccoli come i più grandi della famiglia cristiana attingevano alla comune scuola del sacro Ciclo; senza una veduta sintetica, troppo sovente essa difetta di proporzioni, e la mancanza di equilibrio l’espone a un’infinità di false mosse piene di pericoli o senz’altro risultato se non di una fatica priva di vantaggi. Tuttavia le scosse e le deviazioni recate dall’insufficienza di alcuni, non fanno vacillare la nave della vera pietà, poiché contro i venti e le maree, e perfino in mezzo alle mutilazioni che deve subire, la ferma mano del pilota supremo mantiene sempre la primitiva direzione. Siamo ben lontani dal tempo in cui due eserciti nemici, trovandosi di fronte, la vigilia di san Giovanni, rimandavano la battaglia all’indomani della festa (Battaglia di Fontenay, sabato 25 giugno delibi). In Francia, dove la prudenza benevola della Chiesa si è rassegnata a tante perdite dolorose, la Natività di san Giovanni Battista viene celebrata solennemente solo quando cade di Domenica; tuttavia, elevata nel calendario a doppio di prima classe, con Ottava continua a presentarsi al fedele attento rivestita dei caratteri che designano in essa uno dei più importanti giorni dell’anno.

La festa del 29 agosto. Un’altra festa deve giungere, alla fine di agosto, ad esigere i nostri omaggi verso il figlio di Zaccaria e di Elisabetta: la festa del suo glorioso martirio e della sua nascita al cielo. Ma, per quanto venerabile debba essere per noi, secondo l’espressione stessa della Chiesa nel giorno della Decollazione di san Giovanni Battista, essa non avrà lo splendore di quest’ultima. Infatti, la solennità di questo giorno si riferisce non tanto a Giovanni, quanto a Gesù da lui annunciato; mentre la Decollazione, più personale per il nostro Santo, non presenta nel piano divino l’importanza che aveva la sua nascita, preludio di quella del Figlio di Dio.

Il Natale estivo. Gesù solo è la luce, la luce senza la quale il mondo resterebbe nella morte; e Giovanni non è che l’uomo mandato da Dio, senza il quale la luce resterebbe sconosciuta (Gv. 1, 4-10). Ma Gesù essendo inseparabile da Giovanni, come il giorno dalla sua aurora, non si deve stupire che l’esultanza del mondo, alla nascita di Giovanni, faccia parte di quella che susciterà a suo tempo la venuta del Salvatore. È Natale estivo. Fin dall’inizio. Dio e la sua Chiesa si preoccuparono, come presto vedremo dimostrare mediante molti raccostamenti, la dipendenza e la somiglianza delle due solennità.

Precursore dei Martiri. Dio, la cui provvidenza cerca in tutto la glorificazione del suo Verbo fatto carne, calcola gli uomini e i secoli secondo la testimonianza che rendono a Cristo; per questo Giovanni è così grande. Da colui infatti che i profeti annunciavano come venturo, che gli apostoli predicavano come già venuto, egli solo, profeta e apostolo insieme, ha detto mostrandolo: Eccolo! Essendo dunque Giovanni il testimone per eccellenza (Gv. i, 7) era giusto che presiedesse al glorioso periodo in cui, per tre secoli, la Chiesa rese allo Sposo quella testimonianza del sangue che dà ai martiri il primo posto nella sua riconoscenza, dopo gli apostoli i profeti sul cui fondamento essa è basata (Ef. 2, 20). Dieci volte si aprirono, sull’immensa estensione dell’impero, le vene della Sposa; e l’eterna Sapienza volle che la decima e ultima persecuzione si ricollegasse, appunto per il 25 dicembre del 303, in Nicomedia (v. voi. I, p. 136), alla nascita del Figlio di Dio di cui assicurava il trionfo. Ma se la Natività dell’Emmanuele illumina in tal modo nei sacri testi la fine delle grandi battaglie, quella di Giovanni, come era giusto, ne segna gli inizi. Fu nell’anno 64 che, per la prima volta, Roma pagana aprì le sue arene ai soldati di Cristo; ed è il 24 giugno che la Chiesa ne consacra l’augusto ricordo, con quella menzione che fa seguito, nel suo Martirologio, all’annuncio riguardante la Natività del Precursore: «A Roma, la santa memoria di numerosi martiri che, sotto l’imperatore Nerone, furono calunniosamente accusati dell’incendio della città , e morirono per ordine del principe con vari supplizi: gli uni esposti, sotto pelli di animali, ai morsi dei cani, altri crocefissi, altri bruciati a guisa di torce al cadere del giorno per servire da fiaccole nella notte. Tutti questi erano discepoli degli Apostoli: primizie elette che la Chiesa romana, campo fecondo di martiri, offrì prima della morte degli Apostoli al Signore».

Precursore dei monaci. La solennità del 24 giugno illumina dunque in duplice maniera le origini del cristianesimo. Non vi furono mai giorni abbastanza cattivi nella Chiesa, in cui sia venuta meno, anche per un anno solo, la predizione dell’angelo che molti si sarebbero rallegrati alla nascita di Giovanni (Le. 1, 14); insieme alla gioia, la sua parola, i suoi esempi la sua intercessione davano coraggio ai martiri. Dopo il trionfo riportato dal Figlio di Dio sulla negazione pagana, quando alla testimonianza del sangue seguì quella della confessione mediante le opere e la lode, Giovanni conservò il suo posto di precursore di Cristo nelle anime. Guida dei monaci, li conduce lontano dal mondo e li fortifica nella battaglie della solitudine; amico dello Sposo, continua a formare la Sposa, preparando al Signore un popolo perfetto (ibid. 17).

Precursore dei fedeli. Nei diversi stati, a tutti i gradi della vita cristiana, si fa sentire il suo benevolo e necessario influsso. «Precursore nella nascita, precursore nella morte, san Giovanni – dice sant’Ambrogio – continua a camminare davanti al Signore. E forse più di quanto noi pensiamo, la sua misteriosa azione ha la propria parte nella nostra vita presente, nel giorno attuale. Quando cominciamo a credere in Cristo, vi è come una virtù di Giovanni che ci attira dietro di sé; egli inclina nel senso della fede i sentieri della nostra anima; raddrizza i cammini tortuosi di questa vita, ne fa la retta via del nostro pellegrinaggio, perché non abbiamo a cadere nelle anfrattuosità dell’errore; fa sì che tutte le nostre valli possano ricolmarsi dei frutti delle virtù e che ogni altura mondana si abbassi davanti al Signore» (Le. 1, 38).

Patrono dei battisteri. Ma se il Precursore ha la sua parte in ogni progresso della fede che avvicina a Cristo le anime, interviene ancor più in ogni battesimo che viene ad arricchire la Sposa. A lui sono consacrati i battisteri. Il battesimo che egli impartiva alle folle sulle rive del Giordano non ebbe mai, è vero, il potere del battesimo cristiano; ma immergendo l’Uomo-Dio nelle acque, poneva le acque in possesso della virtù fecondatrice, che, scaturita dall’Uomo-Dio, avrebbe loro dato di completare fino alla fine dei tempi, con l’accesso di nuovi membri, il corpo della Chiesa unita a Cristo.

Patrono dei popoli e delle Chiese. La fede dei nostri padri non ignorava i grandi benefici di cui erano debitori a Giovanni gli individui e i popoli. Molti neofiti ricevevano il suo nome nel battesimo, e tanto era efficace per condurre fino alla santità l’aiuto prestato da lui ai suoi fedeli devoti, che non vi è giorno del calendario in cui non si possa onorare la nascita in cielo di qualcuno di essi. Patrono un tempo dei Longobardi, san Giovanni Battista lo è oggi del Canada Francese. Ma, sia in Oriente sia in Occidente, chi potrebbe contare le regioni, le città, le abbazie, le chiese poste sotto quel potente patronato: dal tempio che, sotto Teodosio, sostituì ad Alessandria l’antico Serapeon con i suoi famosi misteri, fino al santuario innalzato sulle rovine dell’altare di Apollo, a Monte Cassino, dal patriarca dei monaci; dalle quindici chiese che Bisanzio aveva dedicate fra le sue mura al Precursore, fino a quella augusta basilica del Laterano che, nella capitale del mondo cristiano, rimane come la regina e la madre di tutte le Chiese della Città e del mondo! Dapprima dedicata al Salvatore, essa unì ben presto a quel sacro appellativo, come inseparabile, quello dell’Amico dello Sposo.

Solennità della vigilia. La Vigilia di san Giovanni non è più di precetto; un tempo, tuttavia, non un solo giorno di digiuno ci si imponeva all’avvicinarsi della Natività del Precursore, ma un’intera quaresima, che richiamava con la sua durata e le sue prescrizioni l’Avvento del Signore. Più severe erano state le sante esigenze della preparazione, più cara e meglio compresa era la festa. Dopo aver uguagliato la penitenza della Quaresima di Giovanni alle austerità di quella di Natale, non ci stupiva più di vedere che la Chiesa riavvicinava nella Liturgia le due Natività.

I fuochi di san Giovanni. Tre Messe celebravano la nascita di Giovanni, come quella di Colui che egli fece conoscere alla Sposa: la prima, di notte, ricordava il suo titolo di precursore; la seconda, allo spuntare del giorno, onorava il suo battesimo; l’ultima, a Terza, esaltava la sua santità (Sacr. Gregor. Amai, pseudo Alcuino, Ord. Rom.). Inoltre, come vi erano una volta due Mattutini nella notte di Natale, Durando di Mende ci riferisce, insieme con Onorio di Autun, che parecchi celebravano nella festa di san Giovanni, un duplice Ufficio (Ration., 7, 14). Il primo cominciava al tramonto; era senza alleluia, per significare il tempo della Legge e dei Profeti che durò fino a Giovanni (Le. 16, 16). Il secondo, si iniziava nel cuore della notte e terminava all’aurora; veniva cantato con alleluia, per indicare l’inizio dei tempi della grazia e del regno di Dio (ibid.).

La letizia, che è il carattere specifico di questa festa, dilagava anche fuori dei luoghi santi, e si spandeva finanche sui Musulmani infedeli. Se a Natale il rigore della stagione confinava accanto al focolare domestico le commoventi manifestazioni della pietà privata, lo splendore delle notti della solennità estiva porgeva alla viva fede dei popoli l’occasione di rifarsi. Completava così quello che le sembrava l’insufficienza delle sue dimostrazioni verso il Bambino Dio, con gli onori resi al Precursore nella sua culla. Appena si spegnevano gli ultimi raggi del sole, dal lontano Oriente fino all’estremo Occidente, sull’intera superficie del mondo, immensi falò si levavano dalle montagne, e salivano d’un tratto da tutte le città, in ogni borgata, nei più piccoli villaggi. Erano i fuochi di san Giovanni: testimonianza autentica, e continuamente rinnovata, nella verità delle parole dell’angelo e della profezia la quale annunciava quella gioia universale che doveva salutare la nascita del figlio di Elisabetta. Come una lampada ardente e risplendente, secondo l’espressione del Signore, egli era apparso nella notte senza fine. Per un tempo, la sinagoga aveva voluto rallegrarsi ai suoi raggi (Gv. 5, 35); ma, poi sconcertata dalla sua fedeltà che le impediva di sacrificarsi per Cristo e per la vera luce (ibid. 1, 20), irritata alla vista dell’Agnello che Giovanni mostrava come la salvezza del mondo e non più soltanto di Israele (ibid. 29), si era rivolta subito nuovamente verso la notte e aveva messo da se stessa ai propri occhi la benda che la faceva rimanere nelle tenebre fino ai nostri giorni. Grata a colui che non aveva voluto né mutilare né ingannare la Sposa, la gentilità lo esaltò tanto più quanto più egli si era umiliato; raccolse gli ideali che avrebbe dovuto custodire la sinagoga ripudiata, e manifestò con tutti i mezzi in suo potere che, senza confondere la luce avuta dal Precursore con lo splendore del Sole di giustizia, ne salutava tuttavia con entusiasmo quella luce che era stata per l’umanità l’aurora dei gaudi nuziali.

Antichità dei fuochi di San Giovanni. Si potrebbe quasi dire dei fuochi di san Giovanni che risalgono all’origine stessa del cristianesimo. Per lo meno, appaiono fin dai primi tempi della pace, come un frutto dell’iniziativa popolare, non senza stimolare talvolta la sollecitudine dei Padri e dei concili, pronti ad allontanare qualunque idea superstiziosa di manifestazioni che volessero sostituire, del resto così felicemente, le feste pagane dei solstizi. Ma la necessità di combattere alcuni abusi, possibili oggi come allora non impedì alla Chiesa di incoraggiare un genere di manifestazioni che rispondeva così bene al carattere della festa.

I fuochi di san Giovanni completavano felicemente la solennità liturgica; mostrando unite in uno stesso pensiero la Chiesa e la città terrena. Infatti, l’organizzazione di questi festeggiamenti spettava ai comuni, e i municipi ne sopportavano tutte le spese. Così, il privilegio di accendere i fuochi era riservato di solito alle personalità eminenti nel campo civile. Gli stessi re, prendendo parte alla gioia di tutti, si facevano un onore di dare questo segnale di allegria ai loro popoli; Luigi XIV, nel 1648, mise ancora il fuoco alla pira della piazza di Grève, come avevano fatto i suoi predecessori. D’altronde, come si usa sempre in parecchi luoghi della cattolica Bretagna, il clero, invitato a benedire le cataste di legna, vi gettava poi la prima torcia, mentre la folla, recando altre torce accese, si spargeva nelle campagne intorno alle messi in maturazione, oppure seguiva sulle rive del mare le sinuosità della costa, con grida di gioia a cui rispondevano i fuochi accesi nelle vicine isole.

La «Girandola». In alcuni luoghi, la girandola, disco infuocato che girava su se stesso e percorreva le strade della città o scendeva dalla cima dei monti, rappresentava il moto del sole che raggiunge il punto più alto della sua corsa per ridiscenderne subito; richiamava così le parole del Precursore riguardo al Messia: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Gv. 3, 30). Il simbolismo era completato dall’usanza che si aveva di bruciare le ossa e gli avanzi di ogni specie, in quel giorno che annunciava la fine della legge antica e l’inizio dei tempi nuovi, secondo il detto della Scrittura: Rigetterete ciò che è vecchio al Varrivo dei nuovi beni (Lev. 26, 10).

Beate le popolazioni che conservano ancora qualcosa delle usanze a cui la semplicità dei nostri padri attingeva una letizia più vera e più pura certamente di quelle chieste dai loro successori a certe feste in cui l’anima non prende più parte.

Missione permanente del Precursore. Precursore del Messia, noi condividiamo il gaudio che la tua nascita recò al mondo. Essa annunciava la nascita stessa del Figlio di Dio. Orbene, ogni anno, l’Emmanuele prende nuovamente vita nella Chiesa e nelle anime; e anche oggi come venti secoli or sono, non vuole nascere senza che tu stesso abbia, come allora, preparato le vie a quella natività che dà a ciascuno di noi il suo Salvatore. Termina appena la serie dei misteri che hanno compiuto la glorificazione dell’Uomo-Dio e fondato la Chiesa, che già Natale si mostra all’orizzonte; e già nella sua culla, Giovanni trasalisce e rivela l’avvicinarsi del Bambino Dio. Dolce profeta dell’Altissimo, che ancora non puoi parlare e tuttavia già sorpassi tutti i principi della profezia, presto sembrerà che il deserto ti abbia rapito per sempre al commercio degli uomini. Ma nei giorni dell’Avvento, la Chiesa ti avrà ritrovato; essa ci riporterà continuamente ai tuoi sublimi insegnamenti, alle testimonianze che renderai a colui che essa attende. Fin d’ora, inizia la preparazione delle nostre anime; ridisceso sulla nostra terra in questo giorno di letizia, venuto come messaggero del prossimo arrivo del Signore, potresti forse rimanere un solo istante ozioso dinanzi all’opera immensa che ti incombe nei nostri riguardi?

I degni frutti di penitenza. Scacciare il peccato, domare i vizi, raddrizzare gli istinti perversi della povera natura decaduta: tutto ciò avrebbe dovuto essere senza dubbio realizzato, tutto ciò si sarebbe già compiuto da lungo tempo, se avessimo risposto fedelmente alle tue passate fatiche. Eppure è proprio vero: in molti, si ha l’impressione che non sia mai cominciato il dissodamento: terreni ribelli , in cui le pietre e i roghi sfidano le tue cure da lunghi anni. Noi lo riconosciamo, nella confusione delle nostre anime colpevoli; confessiamo le nostre colpe a te e al Dio onnipotente, come ci insegna a fare la Chiesa all’inizio del santo Sacrificio; ma nello stesso tempo, ti preghiamo insieme con essa di intercedere per noi presso il Signore Dio nostro. Tu l’hai proclamato nel deserto: perfino da queste pietre, Dio può sempre far nascere dei figli di Abramo.

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Il Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959