Vite dei Santi
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Bouquet spirituale:

25 marzo

Annunciazione
Annunciazione
O.D.M. pinxit

Annunciazione
della Vergine Santissima

Gloria di questo giorno. È grande questo giorno negli annali dell’umanità ed anche davanti a Dio, essendo l’anniversario del più solenne avvenimento di tutti i tempi. Il Verbo divino, per il quale il Padre creò il mondo, s’è fatto carne nel seno d’una Vergine ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14). Adoriamo le grandezze del Figlio di Dio che si umilia, rendiamo grazie al Padre che ha amato il mondo sino a dargli il suo Figlio Unigenito (ivi 3,16), ed allo Spirito Santo che con la sua onnipotente virtù opera un sì profondo mistero. Ecco che sin da questo tempo di penitenza noi preludiamo alle gioie del Natale; ancora nove mesi, e l’Emmanuele oggi concepito nascerà in Betlemme, ed i cori angelici c’inviteranno a salutare questo nuovo mistero.

La promessa del Redentore. Nella settimana di Settuagesima meditammo la caduta dei nostri progenitori e udimmo la voce di Dio tuonare la triplice sentenza, contro il serpente, la donna e l’uomo. Però, una speranza fece luce nella nostra anima e, nel mezzo degli anatemi, una divina promessa brillò come un faro di salvezza: il Signore sdegnato disse all’infernal serpente che un giorno la sua superba testa sarebbe schiacciata, e che sarebbe stato il piede d’una donna a colpirlo terribilmente.

Il suo adempimento. Ed ecco giunto il momento in cui il Signore realizzerà l’antica promessa. Per millenni il mondo aveva atteso; e nonostante le fitte tenebre e le iniquità, tale speranza non svanì. Col succedersi dei secoli, la misericordia divina moltiplicò i miracoli, le profezie, le figure, per rinnovare il patto che si degnò stringere con l’umanità. Si vide scorrere il sangue del Messia da Adamo a Noè, da Sem ad Abramo, Isacco e Giacobbe, da David e Salomone a Gioacchino; ed ora, nelle vene della figlia di Gioacchino, Maria.

Maria è la donna per la quale sarà tolta la maledizione che pesava sulla nostra stirpe. Il Signore, facendola immacolata, decretò un’inconciliabile inimicizia fra lei e il serpente; ed è proprio oggi, che questa figlia di Eva riparerà la caduta della madre sua, rialzerà il suo sesso dall’abbassamento in cui era piombato, e coopererà direttamente ed efficacemente alla vittoria che il Figlio di Dio in persona riporterà sul nemico della sua gloria e del genere umano.

L’Annunciazione. La tradizione ha segnalato alla santa Chiesa la data del 25 Marzo, come il giorno che vide il compimento di questo mistero (sant’Agostino, La Trinità, l. 4, c. 5).

Maria se ne stava sola nel raccoglimento della preghiera, quando vide apparirle l’Arcangelo disceso dal cielo per chiederne il consenso nel nome della SS. Trinità. Ascoltiamo il dialogo fra l’Angelo e la Vergine, e nello stesso tempo riportiamoci col pensiero ai primordi del mondo. Un Vescovo martire del II secolo, sant’Ireneo, eco fedele dell’insegnamento degli Apostoli, ci fa paragonare questa grande scena a quella che avvenne nel paradiso terrestre (Contro le eresie, l. 5, c. 19).

Nel Paradiso terrestre. Nel giardino di delizie si trova una vergine alla presenza d’un angelo, col quale ella discorre. Pure a Nazaret una vergine è interpellata da un angelo, col quale pure ritesse un dialogo; ma l’angelo del paradiso terrestre è uno spirito tenebroso, mentre quello di Nazaret è uno spirito di luce. Nei due incontri è sempre l’angelo a iniziare il discorso. “Perché, dice lo spirito maledetto alla prima donna, perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del paradiso?” Vedi come già si nota, nell’impazienza di questa domanda, la provocazione al male, il disprezzo, l’odio verso la debole creatura nella quale Satana perseguita l’immagine di Dio!

A Nazaret. Guardate invece l’angelo di luce, con quale dolcezza e con quale pace s’avvicina alla novella Eva! con quale rispetto riverisce questa umana creatura! “Ave, o piena di grazia ! Il Signore è con te, tu sei benedetta fra tutte le donne”. Chi non sente nell’accento celeste di tali parole respirare pace e dignità! Ma continuiamo a seguire l’accostamento.

Eva. La donna dell’Eden, imprudente, ascolta la voce del seduttore ed è sollecita nel rispondergli. La curiosità la spinge a prolungare la conversazione con lui, che l’istiga a scrutare i segreti di Dio, senza affatto diffidare del serpente che le parla; fra poco, però, si vergognerà al cospetto di Dio.

Maria. Maria ascolta le parole di Gabriele; ma questa Vergine, prudentissima, come l’elogia la Chiesa, rimane silenziosa, chiedendo a se stessa donde possano provenire le lodi di cui è fatta oggetto. La più pura, la più umile delle vergini teme le lusinghe; e il celeste messaggero non sentirà da lei una parola, che non riguardi la sua missione durante il colloquio. “Non temere, o Maria, egli risponde alla novella Eva, perché hai trovato grazia presso Dio; ecco, concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine”.

Quali magnifiche promesse venute dal cielo da parte di Dio! quale oggetto più degno d’una nobile ambizione d’una figlia di Giuda, che sa di quale gloria sarà circondata la madre del Messia! Però Maria non è per niente tentata da sì grande onore. Ella ha per sempre consacrata la sua verginità al Signore, per essere più strettamente unita a lui nell’amore; la più gloriosa mèta ch’ella potrebbe raggiungere violando questo sacro voto, non riesce a smuovere la sua anima: “Come avverrà questo, ella risponde all’Angelo, se io non conosco uomo?”.

Eva. La prima Eva non mostra uguale calma e disinteressamento. Non appena l’angelo perverso la rassicura che può benissimo violare, senza timore di morire, il precetto del divino benefattore, e che il premio della disobbedienza consisterà nell’entrare a far parte, con la scienza, alla stessa divinità, ecco che ne rimane soggiogata. L’amore di se stessa le ha fatto in un istante dimenticare il dovere e la riconoscenza; e sarà felice di liberarsi al più presto dal duplice vincolo che le pesa.

Maria. Così si mostra la donna che ci mandò alla rovina. Ma quanto differente ci appare l’altra che ci doveva salvare! La prima, crudele verso la posterità, si preoccupa unicamente di se stessa; la seconda, dimentica se stessa, riflettendo ai diritti che Dio ha su di lei. Rapito l’Angelo da tale fedeltà, finisce di svelare il disegno divino: “Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà, per questo il Santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei ch’era detta sterile; ché niente è impossibile presso Dio”. A questo punto l’Angelo ha terminato il suo discorso ed attende in silenzio la decisione della Vergine di Nazaret.

La disobbedienza di Eva. Portiamo ora lo sguardo sulla vergine dell’Eden. Appena lo spirito infernale ha finito di parlare, essa guarda con concupiscenza il frutto proibito, perché aspira all’indipendenza cui la metterà in possesso quel frutto sì piacevole. Con mano disobbediente s’avvicina a coglierlo; lo prende e lo porta avidamente alla bocca; e nel medesimo istante la morte s’impossessa di lei: morte dell’anima, per il peccato che estingue il lume della vita; morte del corpo che, separato dal principio dell’immortalità, diventa così oggetto di vergogna e di confusione, sino a che si dissolverà in polvere.

L’obbedienza di Maria. Ma distogliamo lo sguardo dal triste spettacolo, e ritorniamo a Nazaret. Maria, nelle ultime parole dell’Angelo, vede manifesto il volere divino. Infatti la rassicura che, mentre le è riservata la gioia di essere la Madre di un Dio, serberà la sua verginità. Allora Maria s’inchina in una perfetta obbedienza, ed al celeste inviato risponde: “Ecco l’ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola”.

Così, l’obbedienza della seconda donna ripara la disobbedienza della prima, avendo la Vergine di Nazaret detto nient’altro che questo: avvenga dunque, FIAT che il Figlio eterno di Dio, che secondo il decreto divino aspettava la mia parola, si faccia presente, per opera dello Spirito Santo, nel mio seno, e cominci la sua vita umana. Una Vergine diventa Madre, e Madre d’un Dio; ed è l’abbandono di questa Vergine alla somma volontà che la rende feconda, per la virtù dello Spirito Santo. Mistero sublime che stabilisce relazioni di figlio e di madre tra il Verbo eterno ed una creatura, e mette in possesso dell’Onnipotente uno strumento degno di assicurargli il trionfo contro lo spirito maligno, che con la sua audacia e perfidia sembrava aver prevalso fino allora contro il piano divino!

La sconfitta di Satana. Non vi fu mai sconfitta più umiliante e completa di quella di Satana in questo giorno. Il piede della donna, che gli offrì una sì facile vittoria, grava con tutto il suo peso sulla superba testa che gli schiaccia. Ed Eva in questa figlia si risolleva a schiacciare il serpente. Dio non ha preferito l’uomo per tale vendetta, perché in tal caso l’umiliazione di Satana non sarebbe stata così profonda; contro un tal nemico il Signore dirige la prima preda dell’inferno, la vittima più debole e più indifesa.

In premio di sì glorioso trionfo, una donna d’ora innanzi regnerà, non solo sugli angeli ribelli, ma su tutto il genere umano, anzi su tutti i cori degli Spiriti celesti. Dall’eccelso suo trono, Maria Madre di Dio domina sopra l’intera creazione; negli abissi infernali, invano Satana ruggirà nella sua eterna disperazione, pensando al danno che si fece nell’attaccare per primo un essere fragile e credulo, che Dio ha bellamente vendicato; e nelle altissime sfere, i Cherubini e i Serafini alzeranno lo sguardo a Maria, in attesa d’un sorriso e per gloriarsi d’eseguire i minimi desideri della Madre di Dio e degli uomini.

La salvezza dell’ umanità. Pertanto, strappati al morso del maledetto serpente per l’obbedienza di Maria, noi figli di questa umanità salutiamo oggi l’aurora della nostra liberazione; e, usando le stesse parole del cantico di Debora, tipo di Maria vincitrice, che canta il proprio trionfo sui nemici del popolo santo, diciamo: “Vennero meno i forti d’Israele e stettero inermi, finché non sorse Debora, finché non sorse una madre in Israele. Il Signore ha inaugurato nuove guerre ed ha rovesciato le porte dei nemici” (Gdt 5,7-8). Prestiamo l’orecchio ad ascoltare nei passati secoli, la voce d’un’altra vittoriosa donna, Giuditta, che canta a sua volta: “Lodate il Signore Dio nostro, il quale non ha abbandonato coloro che hanno sperato in lui, e per mezzo di me sua serva ha compiuta la sua misericordia, da lui promessa alla casa di Israele, e in questa notte con la mia mano ha ucciso il nemico del suo popolo. È il Signore onnipotente che l’ha colpito dandolo in mano d’una donna che l’ha trafitto” (Gdt 13,17-18; 16,7).

La pienezza dei tempi è arrivata, e l’antica tradizione radicata in tutti i popoli, che una vergine sarebbe divenuta madre, oggi, con questo mistero, ha il suo compimento. Riveriamo la potenza del Signore e la fedeltà alle sue promesse. L’autore della natura sospende e sue leggi ed agisce con suo diretto intervento:, in questa stessa creatura si uniscono la verginità e la maternità. Ma se una Vergine partorisce, non può partorire che un Dio: ed il figlio di Maria si chiamerà l’Emmanuele, cioè Dio con noi.

Dio con noi. Adoriamo nel carcere della volontaria infermità l’invisibile Creatore del mondo fatto visibile, il quale vuole che d’ora innanzi ogni creatura confessi non solo la sua infinita grandezza, ma anche la vera natura umana che si degna assumere per salvarci. Cominciando da questo momento, egli ben si può dire il Figlio dell’Uomo. Per nove mesi abiterà nel seno materno, alla stregua degli altri bambini; come loro, dopo la nascita, succhierà il latte ed il miele, santificando così tutte le età dell’uomo. Egli è l’uomo nuovo venuto dal cielo per redimere l’antico. Senza nulla perdere della propria divinità, subisce tutte le condizioni del nostro essere infermo e limitato, per farci poi partecipi della sua natura divina (2Pt 1,4).

Azione di grazie. Con queste ultime parole, o Maria, fu decretata la nostra sorte. Voi accondiscendete al desiderio del Cielo: ed ecco che il vostro assenso garantisce la nostra salvezza. O Vergine! O Madre! O benedetta fra le donne, accogliete, insieme agli omaggi degli Angeli, le azioni di grazie, di tutto il genere umano. Per mezzo vostro siamo salvi dalla rovina, in voi è redenta la nostra natura, perché siete il trofeo della vittoria dell’uomo sul suo nemico.

Rallegrati, o Adamo, nostro padre, ma sopra tutto trionfa tu, o Eva, madre nostra! voi che, genitori di tutti noi, foste anche per tutti noi autori di morte, omicidi della vostra progenie prima di diventarne padri.

Ora consolatevi di questa nobile figlia che vi è stata data; tu specialmente, o Eva! Cessa i tuoi lamenti: da te, all’inizio, uscì il male, e da te, d’allora sino ad oggi, fu contagiato tutto il tuo sesso; ma ecco giunto il momento che l’obbrobrio scomparirà e l’uomo non avrà più ragione di piangere a causa della donna.

Un giorno, cercando di giustificare la propria colpa, l’uomo prontamente fece cadere su di lei un’accusa crudele: La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. O Eva, va’ dunque a Maria; rifugiati nella tua figlia, o madre. La figlia risponderà per la madre, è lei che ne cancellerà la vergogna, lei che per la madre offrirà soddisfazione al padre; poiché, se per la donna l’uomo cadde, solo per la donna potrà rialzarsi.

Che dicevi allora, o Adamo? La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. Malvage parole, che accrescono il tuo peccato e non lo cancellano. Ma la Sapienza divina ha vinto la tua malizia, attingendo nel tesoro della sua inesauribile bontà il mezzo per procurarti il perdono che aveva cercato di meritarti nel darti l’occasione di rispondere convenientemente alla domanda che ti faceva.

Tu avrai una donna in cambio d’una donna: una donna prudente per una donna stolta, una donna umile per una donna superba, una donna che invece di un frutto di morte ti darà l’alimento di vita, che invece di un cibo avvelenato produrrà per te il frutto dell’eterne delizie. Cambia dunque in parole riconoscenti la tua ingiusta accusa, dicendo ora: Signore, la donna che m’hai data per compagna mi ha dato il frutto dell’albero della vita, ed io ne ho mangiato; e un frutto soave alla mia bocca, perché con esso m’avete ridata la vita (san Bernardo, 2a Omelia sul Missus est).

L’Angelus. Non chiuderemo questa giornata senza ricordare e raccomandare la pia e salutare istituzione che la cristianità solennizza giornalmente in ogni paese cattolico, in onore del mistero dell’Incarnazione e della divina maternità di Maria. Tre volte al giorno, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, si ode la campana e i fedeli, all’invito di quel suono si uniscono all’Angelo Gabriele per salutare la Vergine Maria e glorificare il momento in cui lo stesso Figlio di Dio si compiacque assumere umana carne in lei.

Dall’Incarnazione del Verbo il nome suo è echeggiato nel mondo intero. Dall’Oriente all’Occidente è grande il nome del Signore; ma è pur grande il nome di Maria sua Madre. Da qui il bisogno del ringraziamento quotidiano per il mistero dell’Annunciazione, in cui agli uomini fu dato il Figlio di Dio. Troviamo traccia di questa pratica nel XIV secolo, quando Giovanni XXII apre il tesoro delle indulgenze a favore dei fedeli che reciteranno l’Ave Maria, la sera, al suono della campana che ricorda loro la Madre di Dio.

Nel XV secolo sant’Antonino c’informa nella sua Somma che il suono delle campane si faceva, allora, mattina e sera nella Toscana. Solo nel XVI secolo troviamo in un documento francese citato da Mabillon il suono delle campane a mezzogiorno, che si aggiunge a quello dell’aurora e del tramonto. Fu così che Leone X approvò tale devozione, nel 1513, per l’abbazia di Saint-Germain des Près, a Parigi.

D’allora in poi l’intera cristianità la tenne in onore con tutte le sue modifiche; i Papi moltiplicarono le indulgenze; dopo quelle di Giovanni XXII e di Leone X, nel XVIII secolo furono emanate quelle di Benedetto XIII; ed ebbe tale importanza la pratica, che a Roma, durante l’anno giubilare, in cui tutte le indulgenze eccetto quelle del pellegrinaggio a Roma, rimangono sospese, stabilì che le tre salutazioni che si suonano in onore di Maria, avrebbero dovuto continuare ad invitare i fedeli a glorificare insieme il Verbo fatto carne.

Quanto a Maria, lo Spirito Santo aveva già preannunciati i tre termini della pia pratica, esortandoci a celebrarla soave “come l’aurora” al suo sorgere, splendente “come il sole” nel suo meriggio e bella “come la luna” nel suo riflesso argenteo.


Preghiera all’Emmanuele

O Emmanuele, Dio con noi, “voi voleste redimere l’uomo, e per questo veniste dal cielo ad incarnarvi nel seno d’una Vergine”; ebbene, oggi il genere umano saluta il vostro avvento. Verbo eterno del Padre, dunque a voi non bastò trarre l’uomo dal nulla con la vostra potenza; nella vostra inesauribile bontà voi volete anche raggiungerlo nell’abisso di degradazione in cui è piombato. A causa del peccato l’uomo era caduto al di sotto di se stesso; e voi, per farlo risalire ai divini destini per i quali l’avevate creato, veniste in persona a rivestire la sua sostanza per elevarlo fino a voi.

Nella vostra persona, oggi ed in eterno, Dio si fece uomo, e l’uomo divenne Dio. Per adempiere le promesse della Cantica, voi vi uniste all’umana natura, e celebraste le vostre nozze nel seno verginale della figlia di David. O annichilamento incomprensibile! o gloria inenarrabile! Il Figlio di Dio s’è annientato, e il figlio dell’uomo glorificato. A tal punto ci avete amato, o Verbo divino, ed il vostro amore ha trionfato della nostra miseria.

Lasciaste gli angeli ribelli nell’abisso scavato dalla loro superbia, e nella vostra pietà vi fermaste in mezzo a noi. E non con un solo sguardo misericordioso voi ci salvaste, ma venendo su questa terra di peccato a prendere la forma di schiavo (Fil 2,7), e cominciando una vita di umiliazioni e di dolori. O Verbo incarnato, che venite per salvarci e non per giudicarci (Gv 12,47), noi vi adoriamo, vi ingraziamo, vi amiamo: fateci degni di tutto ciò che il vostro amore vi mosse a fare per noi.

Preghiera a Maria

Vi salutiamo, o Maria, piena di grazia, in questo giorno in cui vi allietate dell’onore che vi fu attribuito. L’incomparabile vostra purezza, attirò gli sguardi del sommo Creatore di tutte le cose, e la vostra umiltà lo fece venire nel vostro seno; la sua presenza accresce la santità della vostra anima e la purità del vostro corpo. Con quali delizie sentite il Figlio di Dio vivere della vostra vita e prendere dalla vostra sostanza il nuovo essere cui si unisce per nostro amore! Ecco, è già stretto fra voi e lui il legame noto soltanto a voi: è il vostro Creatore, e voi ne siete la madre; è il vostro Figlio, e voi siete una sua creatura.

Davanti a lui si piega ogni ginocchio, o Maria! perché è Dio del cielo e della terra; ma pure ogni creatura s’inchina davanti a voi, perché lo portaste nel vostro seno e lo allattaste; sola fra tutti gli esseri, voi potete chiamarlo, come il Padre celeste: “Mio figlio!”. O donna incomparabile, voi siete lo sforzo supremo della potenza divina: accogliete dunque l’umile sottomissione del genere umano, che si gloria di voi più che gli stessi Angeli, perché avete il suo stesso sangue e la medesima natura.

O novella Eva, figlia dell’antica, senza peccato! per la vostra obbedienza ai divini decreti salvaste la vostra madre e tutta la sua figliolanza, ridando l’innocenza perduta al padre vostro ed all’intera sua famiglia. Il Signore che portate ci assicura tutti questi beni, ed è per voi che noi lo possiamo avere; senza di lui noi rimarremmo nella morte, e senza di voi egli non potrebbe riscattarci, perché in voi attinge il sangue prezioso che ne sarà il pegno. La sua potenza protesse la vostra purezza nell’istante dell’Immacolata concezione, nella quale si formò il sangue di un Dio per la perfetta unione fra la natura divina con quella umana.

Oggi, o Maria, si compie la divina profezia dopo l’errore: “Porrò inimicizia fra la donna e il serpente”. Finora gli uomini temevano il demonio e, nel loro traviamento, erigevano ovunque altari in suo onore. Ma oggi il vostro terribile braccio abbatte il suo nemico. Voi l’avete battuto per sempre con l’umiltà, la castità e l’obbedienza; e non potrà più sedurre le nazioni. Per voi, o nostra liberatrice, siamo stati strappati al suo potere, in preda al quale potremmo ancora essere gettati solo dalla nostra perversità e ingratitudine. Non lo permettete, o Maria! aiutateci! E se, in questi giorni di emendazione, proni ai vostri piedi, riconosciamo che purtroppo abusammo della grazia celeste, di cui voi diveniste il canale nella festa della vostra Annunciazione, fateci rivivere, o Madre dei viventi, per la vostra potente intercessione al trono di colui che oggi diventa vostro figlio in eterno.

O Figlia degli uomini, o nostra cara sorella, per la salutazione dell’Arcangelo, per il vostro verginale turbamento, per la fedeltà al Signore, per la prudente umiltà, per il vostro consenso liberatore, vi supplichiamo, convertite i nostri cuori, fateci sinceramente penitenti preparateci ai grandi misteri che stiamo per celebrare. Oh, quanto saranno dolorosi per voi, o Maria! come sarà breve il passaggio dalle gioie dell’Annunciazione alle tristezze della Passione! Ma voi volete far rallegrare l’anima nostra pensando alla felicità del vostro cuore, quando, lo Spirito divino vi coprì con le sue ali ed il Figlio di Dio fu anche vostro figlio. Perciò, restiamo tutto il giorno vicino a voi, nell’umile casa di Nazaret. Fra nove mesi Betlemme ci vedrà prostrati, coi pastori ed i Magi, ai piedi di Gesù Bambino che nascerà per gioia vostra e per la nostra salvezza; allora, noi ripeteremo insieme agli Angeli: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini di buona volontà!”.

Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959

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